Per 94 minuti mi sono dimenticato di tutto.

Del fatto che abbiamo una proprietà totalmente assente da anni, di un presidente che ci sopporta a malapena e che da quando vede le finanze a posto è finalmente felice, al punto di confermare Corvino praticamente a vita.

Di un presidente onorario che non parla neanche più, tanto erano per lo più inesattezze. Di un allenatore che non ha le capacità tattiche sufficienti per fare la categoria, ma che ha grandi capacità umane che si riflettono su di un collettivo che va spesso oltre i propri limiti.

Del rischio che i migliori verranno ceduti a fine stagione perché l’incubo del “buco di bilancio” si riproporrà come la minestra di pane, del fatto che Pezzella fosse infortunato, del fatto che Gerson fosse di nuovo in campo.

Mi sono lasciato tutto alle spalle perché improvvisamente dopo un quarto d’ora piuttosto anonimo è sbocciato il calcio giocato come un tempo: classe, grinta, cattiveria da 22 impazziti per il campo, con 35mila impazziti fuori dal campo dediti soltanto al canto e al superarsi a vicenda nello spingere i propri 11.

Sembrava di essere tornati negli anni ’80, con l’assenza del VAR, la coreografia sugli spalti, il settore ospiti pieno stracolmo, con grandi falciate sulla linea mediana nei confronti del fenomeno di turno, con nervosismi in tribuna, in panchina e in campo, con situazioni al limite dove non si è neppure trovato il tempo per protestare perché il pallone era di nuovo in gioco e c’era bisogno di correre.

Una ripartenza dietro l’altra, una squadra migliore che diventa la peggiore e poi viceversa.

Un ex col dente avvelenato che gioca come sa fare (e come fa una decina di volte all’anno, non di più), un giovane che ha in testa soltanto il gol della propria squadra, il suo capitano scomparso e la voglia di onorarlo di fronte alla sua gente come meglio non si potrebbe.

Sì, certo.

Tanti errori, tante occasioni buttate, una qualificazione un po’ compromessa. Ma il ritorno lo giocheremo tra un’era geologica e ci sarà tutto il tempo per organizzarsi, tenendo anche conto che gli avversari si ritroveranno senza due dei loro ottimi e pericolosi difensori, squalificati.

Nota a parte per i nostri tre capitani di ieri sera.

Davide sulle tribune, “nell’aria” e nel cuore di tutti noi; Pezzella in panchina, infortunato ma orgogliosamente presente a prescindere; Chiesa in campo, con una grinta, una classe e uno sguardo che farebbero innamorare chiunque.

In questo periodo storico povero di successi, povero di entusiasmo, povero di soddisfazioni… .

Avere avuto e avere tuttora uomini di questo spessore umano è stato indispensabile.

Finalmente siamo rappresentati da qualcuno. Dopo anni in cui il capitano era settimanale o quasi, dove la fiorentinità era scomparsa per fare posto alla contabilità e dove la nostra bandiera si era momentaneamente avvitata su sé stessa con dichiarazioni e comportamenti che poco avevano a che fare con la sua leggendaria storia in viola.

È da questi uomini che si gettano le basi per le generazioni future, per avere il sostegno di quegli splendidi ragazzi degli “UNONOVEDUESEI” sempre tanto bistrattati, offesi da proprietà e da altri settori dello stadio, ma sempre lì, pronti ad urlare e sostenere persino durante gli allenamenti negli orari di lavoro, prima della partita, durante la partita con coreografie e impegno unici.

Comportamenti che poi si riflettono in campo in quegli 11 vestiti di viola, inevitabilmente.

Se ancora riusciamo a far battere il cuore a qualche ragazzino, se ancora a qualcuno di noi batte il cuore per le vicende della Fiorentina, lo dobbiamo a questi tre capitani e a questi ragazzi in Curva.

Poi certo, se fossimo anche capaci di vincere questa Coppetta, male non sarebbe.

Dario Del Gobbo

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