Non sono molto d’accordo, anzi, non più. Ma te lo dico subito: hai ragione te Eleonora e più avanti ti spiego perché.

Anche io adoro camminare e proprio come tu consigli, all’inizio dedicavo molta attenzione alla scelta della calzatura giusta: collo alto, suola rigida, calze tecniche che comprimono il piede ecc.. cercando isolamento e protezione dall’ambiente che mi circonda.

Poi, passo dopo passo ho spostato la mia attenzione verso quello che era dentro alle scarpe: i piedi.

E dallo scarpone ultra isolante e rigido ho assottigliato sempre di più l’involucro che avvolge il mio piede fino al minimo indispensabile.

“Camminare in Toscana”: scarpe da trekking, chi più spende meno spende. Si fa meno male e fa meno fatica

So che ti farò sobbalzare ma se il sentiero e la stagione lo permettono (valutato secondo standard del tutto personali) vado spesso con un paio di sandali (ottimi sandali, devo precisare) estremamente minimali, con una suola così sottile e morbida che posso percepire il terreno su cui mi appoggio. 

Col tempo gli scarponi sono diventati per me una zavorra che limita la mia sensibilità e la precisione dei miei movimenti.

Sia ben chiaro: li ho ancora, e li uso ben volentieri su terreni difficili come lunghe pietraie in quota o quando scendo in forra.

Insomma in generale in ambienti estremi in cui anche il minimo incidente potrebbe mettere nei guai me stesso e altri.

I nostri piedi sono un progetto di ingegneria naturale molto sofisticato, sviluppato in decine di migliaia di anni di migrazioni e spostamenti. Perché le articolazioni del piede e della caviglia non dovrebbero lavorare?

Vero è che l’uomo moderno è un rottame in confronto allo stesso uomo di pochi secoli fa, ed è per questo che hai ragione te: quello che faccio e come lo faccio non arriva dall’oggi al domani ma è frutto di allenamento che dura da anni, e non sono mancati (ne mancheranno in futuro) intoppi e infortuni dai quali imparo sempre tanto.

L’asticella del rischio è senza dubbio più alta, ma è un prezzo che pago volentieri per avere un’esperienza autentica del mio corpo che si muove in armonia profonda con la natura a partire dal contatto con la terra su cui cammino.

Ho scoperto così un nuovo modo di camminare, in cui sono presente e concentrato durante ogni passo che muovo. Il tanto acclamato “qui e ora” di cui parla ogni filosofia orientale e non solo.

Tutto si gioca ad ogni passo. Il passo è l’unica cosa importante. Ho iniziato a prendere questa consapevolezza prima con la slackline (l’arte di camminare sul filo) poi con l’arrampicata, e tutto ciò mi da grande benessere!

Durante i miei viaggi in Asia sono sempre rimasto molto colpito dalla forma dei piedi delle persone che ho incontrato nei villaggi in aree remote.

Piedi che senza la costrizione imposta dalle scarpe (che in occidente già indossiamo anche prima di imparare a camminare) sono liberi di sviluppare le loro caratteristiche naturali al meglio. Quelli sono piedi sani! Secondo me prendersi cura dei piedi vuol dire farli tornare ad essere.. piedi!

Se poi ci caliamo nella tua realtà, di nuovo sono d’accordo con te: tu sei la guida, e chi sceglie di camminare con te è sottoposto alla tua responsabilità e quindi si fa come dici te, su questo non si discute!

Ma se un giorno tu vedessi arrivare al tuo meeting point uno praticamente scalzo, magari non è uno sprovveduto, è solo un pazzo come me!

Buon cammino Eleonora!

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