il momento di silenzio in Atletico Impruneta-Affrico

Non è stata una domenica come le altre. È stato uno di quei momenti che, purtroppo, ognuno di noi si ricorderà per sempre dov’era quando lo ha saputo. Come è successo per Ayrton Senna o per Marco Pantani.

(nel primo caso, tu che scrivi, avevi quattordici anni da compiere e seguivi il Gp sul divano di casa. Ricordi che andasti perfino a comprare una copia della Nazione che allora uscì con un’edizione speciale della sera, che tu ricordavi solo per lo scoppio della Guerra del Golfo. Nel secondo caso, per il Pirata, eri dentro un pub a Lastra a Signa e fu una tv, di sottofondo, a dare la notizia nella notte di quel sabato maledetto).

La morte di Davide Astori ha colpito tutti al cuore. Perché gli sportivi sono i nostri Eroi che compiono le imprese che noi non siamo mai riusciti a compiere. Che indossano le maglie che noi avremmo voluto indossare. Che giocano sui campi su cui noi avremmo voluto giocare.

E perché stavolta quell’Eroe aveva il sorriso buono di un vicino di casa o del compagno di classe.

È stato sacrosanto ieri rinviare tutte le partite della Serie A, dove avrebbero giocato tanti di quei ragazzi che con Davide avevano diviso battaglie a avventure sul campo. Per una volta il mondo dei Professionisti è sembrato un po’ meno lontano e perfino più umano.

Non è stato facile per nessuno ieri pomeriggio, avvicinarsi a un campo sportivo, neppure quelli dei Dilettanti su cui si giocava perché non si poteva fare a meno di farlo, e non ci sarebbe stato nemmeno il tempo per organizzarsi per rinviare tutto quanto.

Qualche addetto ai lavori ti ha confessato che avrebbe preferito non giocare. E con tutti, ieri, nel parlare di calcio percepivi nell’aria una sfumatura strana, come se per una volta davvero un gioco fosse soltanto un gioco, e non importasse nemmeno così tanto poi un rigore in più o un gol in meno.

Non si tratta di decidere se fosse giusto o meno giocare ieri. Non c’era e non c’è una risposta. E non conta quella risposta. Ognuno ha la sua. E, una volta tanto, qualunque sia la risposta è quella giusta.

Ognuno ha il suo modo di rispondere al dolore, e a quel senso di smarrimento. A quel mondo di ovatta in cui ti sembra di precipitare all’improvviso.

Chi ha voglia di lasciare perdere tutto e di pensare soltanto, e chi ha voglia di fare qualcosa per non pensare.

Ma in fondo tu credi sempre che il modo migliore di onorare chi non c’è più – chi se n’è appena andato, chi ancora forse nemmeno ha avuto il tempo di alzarsi in volo – sia quello di continuare a fare quello che lui ha sempre fatto con amore.

Così pensi che il modo migliore per ricordare Davide Astori sia stato, ieri pomeriggio, quello di far rotolare quel pallone sui campi di periferia.

Perché ti sembrerebbe assurdo voler commemorare Mozart o John Lennon col silenzio, o Picasso o Michelangelo chiudendo i musei.

E ti sembra, semmai, che ci sia solo da dire grazie a Davide se ieri, per una domenica pomeriggio, la sua partenza vi ha fatto sentire tutti quanti un po’ più tristi, umani e normali.

Gabriele Fredianelli

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