SAN CASCIANO – Dopo la sua ultima partita andò a mangiare una pizza a San Donato in Poggio. E i compagni di squadra gli fecero trovare una enorme maglia con il suo nome e il suo numero attaccata in cima alle mura di Porta Fiorentina.

Alessio Taddei, detto Milio, per San Casciano non è stato un semplice giocatore di basket. Ma è stato “il” giocatore di basket.

Il numero 10 sulla canottiera lo ha contraddistino quasi da subito. Un vero e proprio “fantasista” della pallacanestro chiantigiana e provinciale. In un percorso incredibile che abbiamo ripercorso insieme a lui.

Che oggi, a 47 anni, ha lasciato la palla a spicchi ma ha trovato un’altra passione travolgente. Quella per la maratona. Ma andiamo per ordine.

“Ho iniziato a giocare a basket nel 1984 – ci racconta – a 13-14 anni, prima facevo calcio. Mia mamma mi spingeva verso uno sport al chiuso, avevo degli amici (Damiano Merli, Mario Merlini) che giocavano già. Calcisticamente ero un centravanti più da “pista”, ovvero lo spazio da pattinaggio accanto allo stadio dove infuriavano partite su partite. In campo, come punte, allora c’erano giocatori come Carlo Rigacci e Stefano Fantappiè, veri e propri campioni locali”.

Fu così che la mamma di Milio andò in quello che è da sempre il punto di riferimento in paese per il basket, la latteria di Mauro Marranci: “E mi segnò a basket”.

“Nel 1984 facevo basket e calcio – prosegue Milio – poi mi sono dedicato solo alla pallacanestro, dove iniziai dai cadetti. Da allora ho giocato sempre a San Casciano: perché qui stavo bene e perché ai tempi non è che ci fossero tante altre possibilità”.

L’ultima partita di Alessio è arrivata nel 2011, a 41 anni, quando vinse con la squadra amatoriale il campionato e venne pure convocato per l’all star game provinciale. Insomma, una chiusura in grande stile.

Nessuna partita d’addio però, ma quella pizza tutti insieme a San Donato in Poggio: “Dove i ragazzi mi fecero trovare quel lenzuolo bianco sulle mura con la maglia numero 10”.

Come i tanti appassionati di sport di origine americana, Milio ha sempre avuto un debole anche per le statistiche. Tanto che è in grado di dirci che “ho giocato 581 partite e ho fatto 8.800 punti. Ho un quadernino con i risultati, i punti di tutti… . La prima partita in prima squadra? In Promozione nel 1986, avevo sedici anni”.

Era il playmaker, quello che faceva girare il gioco. Gli chiediamo se avesse dei modelli di riferimento. E la risposta è inevitabilmente… nostalgica.

“In TV aspettavamo le partite dell’NBA su Italia 1 e TeleCapodistria – ricorda – Ed eravamo divisi fra Los Angeles Lakers e Boston Celtics, era quasi una sorta di divisione filosofica fra stili di gioco e di vita. Boston era grande difesa e grande attacco su metà campo, ma io sono sempre stato per lo showtime di Los Angeles e quelle azioni a mille all’ora”.

“In Italia? Mi affascinava il babbo di Kobe Bryant – risponde – Joe, che aveva un modo unico di giocare. Oppure, in seguito, mi sono appassionato a giocatori come Gianmarco Pozzecco“.

Uno come lui, cresciuto a pane e pallacanestro, non si è mai trovato a vivere la realtà della palestra da allenatore o dirigente. Come mai? “Me l’hanno chiesto – ammette – Parliamo di una disciplina che per lunghi anni ha avuto difficoltà di ogni tipo, che è andata avanti grazie a persone eroiche. Ogni anno era un nuovo inizio, con grossi punti interrogativi per fare la squadra. Ma siamo sempre riusciti a fare il massimo possibile grazie alla passione di tanti. Mi è stato chiesto di fare il dirigente o l’allenatore, ma ho sempre avuto la passione di giocare (con tutti i miei difetti). Il resto proprio… non saprei farlo”.

Anche perché a pallone riposto nel cassetto è nata una nuova passione: “Oggi corro – conclude Milio – Faccio le maratone. Ho fatto la Pistoia-Abetone, il prossimo anno provo il Passatore e a gennaio vado a fare la maratona al circolo polare artico. Ho corso New York, Londra… . Mi alleno 3-4 volte alla settimana e tutte le domeniche c’è una gara: mi piace vedere fino a dove posso arrivare”.

Matteo Pucci

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