POGGIBONSI – Uno dei protagonisti del Poggibonsi della seconda metà degli anni Ottanta, tra Interregionale e C2, è senza dubbio Stefano Frescucci.

Terzino della classe 1966, Frescucci è ricordato nell’ambiente per la gran continuità di rendimento unita alla serietà nel lavoro sul rettangolo.

Uno dei pilastri, dunque, del team plasmato da Uliano Vettori in previsione dell’approdo dei “Leoni” nel professionismo.

Frescucci, i suoi inizi?

“Alla Castiglionese, la squadra del paese in provincia aretina dove sono nato. Di seguito i settori giovanili nell’Arezzo. Quindi il ritorno alla Castiglionese, l’esordio in Promozione, le convocazioni nella rappresentativa regionale di categoria. E a vent’anni, la chiamata del Poggibonsi”.

Per la prima volta, lontano dal territorio di appartenenza…

“Non è semplice lasciare l’ambiente di casa. Ma capii che Poggibonsi era il luogo idoneo per fare calcio, in quel periodo, a livello di Interregionale e oltre. Infatti nell’estate 1986, con la preparazione a Casole d’Elsa, iniziò una splendida avventura. Quattro annate meravigliose, le più belle del mio percorso da atleta, a conti fatti”.

Qual era il valore aggiunto di quel Poggibonsi?

“Il gruppo. Ci volevamo tutti bene, in quell’organico ricostruito ex novo. Tanto che anche oggi, a distanza di tre decenni e oltre, siamo sempre in contatto. Ripenso con affetto ai tanti compagni di squadra divenuti amici. E a Stefano Lotti, il più generoso di tutti noi, un ragazzo che non mollava e che per primo ha finito per lasciarci, nel corso di quel campionato terminato col salto in C2″.

Altri aspetti?

“L’amore autentico dei tifosi. E la qualità di tanti effettivi dell’epoca. Lo dimostra il percorso compiuto da tanti miei compagni del periodo, Cei, Signorini, Pistella, Magrini, Cocciari“.

Mister Vettori: che ricordo serba del condottiero del Poggibonsi?

“Mi ha dato tantissimo, caratterialmente, umanamente e dal profilo della fiducia. Ma tutti gli allenatori incontrati lungo il cammino mi hanno offerto molto e da diversi punti di vista”.

Esempi?

“Potrei menzionare Tonino Duranti, Ercole Talusi, che da giocatore è stato bandiera anche del Poggibonsi, Roberto Gallastroni, che mi ha permesso di debuttare, diciottenne, nella Castiglionese in Promozione. E poi, nell’Arezzo, Benvenuto, Neri, Pasinato, Cerantola. Fino a Piero Braglia, che mi ha insegnato la zona e introdotto a un calcio dalla mentalità moderna. Avvenne nella stagione di Montevarchi, 1994-95, conclusasi con il passaggio dalla C2 alla C1″.

Tra i compagni di squadra da nominare come riferimento?

“Non ho difficoltà a indicare Claudio Di Prete al tempo del Poggibonsi. Mi ha consentito di credere nelle mie potenzialità, incoraggiandomi di continuo. Così ho maturato una certa propensione a spingermi in avanti cercando soluzioni, anche con successo, in zona gol”.

Come nel derby casalingo con il Siena, vero?

“Potrei tenere presente pure il gol alla Castelfrettese, alla prima giornata del 1987-88 post spareggio, così come altre firme in C2. La rete realizzata al Siena il 6 novembre 1988, in occasione di quel 3-0 a nostro favore, ebbe origine da un mio inserimento dopo aver sottratto palla a Mucciarelli. Il movimento di Pistella, in avanti si rivelò poi decisivo ai fini della segnatura. Insomma, non mi limitavo a marcare il diretto avversario. Potevo giocare di anticipo, per esempio, e far ripartire l’azione attaccando lo spazio. A volte correndo sulla sinistra sfruttavo i lanci illuminanti di Cocciari, capace di pescarti addirittura da 50-60 metri. In una gara, stoppai di petto un pallone servitomi proprio da Cocciari e conquistai un rigore”.

Qualche rimpianto, nel suo tragitto sul rettangolo?

“Dal Poggibonsi passai all’Arezzo nel 1990 e nel 1993, dopo il fallimento dello stesso club amaranto, dissi no al trasferimento al Messina, che mi avrebbe voluto nella rosa. Credo di non aver compiuto la scelta giusta, anche se poi Montevarchi, come dicevo, mi avrebbe offerto notevoli soddisfazioni”.

E dopo? 

“La dirigenza rossoblù, con il direttore sportivo Giuliano Sili, mi avrebbe confermato per la C1, in virtù del buon campionato culminato con la promozione. L’ambiente però stava cambiando. Arrivarono ragazzi da vivai superiori e vidi per me delle opportunità ristrette. Da una possibile C1, così mi ritrovai per scelta in Seconda categoria con la “mia” Castiglionese. Di nuovo dilettante allo stato puro, per contribuire alla scalata dei colori del mio paese fin quasi ai dilettanti nazionali. Il ruolo? Cominciai la carriera marcando la seconda punta degli avversari e finii ultratrentenne da centrocampista. Quasi mezzala”.

Nel frattempo, anche il lavoro…

“Sì, dal 1997 mi occupo di colori e di vernici. Ho un negozio a Castiglion Fiorentino”.

(A cura di Paolo Bartalini)

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