È la vigilia di Natale e la mia complice ed io siamo in Malesia, seduti aspettando il volo che ci porterà nel Borneo.

Siamo piuttosto nervosi perché abbiamo commesso un piccolo errore di valutazione. Il Borneo, per quanto sia continuamente violentato dalle motoseghe, ancora resiste. È davvero un posto estremamente selvaggio.

Non abbiamo adeguatamente considerato la scarsità di mezzi pubblici e di strutture ricettive, tutte piene in questo periodo dell’anno.

Stavamo partendo senza un posto dove andare.

Un disagio, una disgrazia, una sfiga tremenda oppure una preziosissima opportunità per calpestare una dimensione nuova e sconosciuta. Si aprono le porte dell’improvvisazione, e sono curioso di vedere come andrà a finire.

Mi viene in mente che nello studio del viaggio ero rimasto colpito da un luogo molto particolare, un piccolo campeggio immerso nella giungla.

Lupa Masa Rainforest Camp, costruito nel rispetto della natura e dove si vive in totale simbiosi con essa.

Niente corrente elettrica, niente telefoni ne confort alcuno. L’avevamo scartato per una ragione precisa: Ofidiofobia. La paura dei serpenti.

È la sindrome che affligge la mia complice. Non solo stavamo andando nel lungo con la più alta concentrazione di rettili del pianeta; ma, ironia della sorte, li stavamo proprio andando a cercare!

Gli scrivo al volo. Rispondo subito. Hanno posto (chiaramente).

Non avendo molta scelta, mi faccio coraggio ed espongo il nuovo piano.

Ci guardiamo come quelle volte in cui la vita passa di lì e ti appioppa, sorridendo, la gatta da pelare.

Dormiremo nella giungla! Non riesco a trattenere l’entusiasmo, tanto che ogni sforzo per non offendere la sensibilità di Arianna è vano. Brillo di felicità.

Mi odierà (amorevolmente) per i prossimi tre giorni.

Da Kota Kinabalu viaggiamo per diverse ore accovacciati nel vano bagagli di un autobus scassato tra valige borse e borsoni, calpestati dai passeggeri che andavano al gabinetto, proprio lì davanti a noi.

Arrivati a Poring (tre capanne costruite attorno a un impianto termale), due ragazzi molto giovani ci guidano a piedi attraverso la giungla: fu il primo contatto con quel mondo selvaggio e straordinario.

Provate a immaginare i nostri boschi nel periodo più florido dell’anno moltiplicato per cento, e avrete un’idea del Borneo.

Una ricchezza smisurata, vita che esplode. Piante di tutti i tipi che si intrecciano lottando per la sopravvivenza, in costante ricerca di equilibrio.

Alberi con foglie grandi come ombrelloni, richiami di animali sconosciuti, canti di uccelli di mille colori e dimensioni, ronzii di decine di specie di insetti (la maggior parte dei quali decisamente fastidiosi) e un’aria calda, insopportabilmente umida.

E poi le sanguisughe. Sono dappertutto. Sulle foglie, sui rami, nel fango, tra l’erba e sulle fronde degli alberi. Si allungano, si sporgono e pazientemente aspettano, pronte a saltarti addosso appena le sfiori al tuo passaggio.

La prima me la sono trovata attaccata a un piede, e ho avuto una reazione più simile a una modella di Dolce & Gabbana che a Rambo. Le successive le ho gestite coi nervi più saldi.

Mi sono fatto una cultura su queste bestie. Ho imparato come si nutrono, come si muovono e come si staccano di dosso. Il loro morso è asettico e totalmente indolore.

Mi credereste se vi dicessi che in tutto il tempo non abbiamo mai visto neanche un serpente? E che la mia complice non è stata neanche sfiorata da una sanguisuga?

Beh, è veramente andata così, ma non è stato un motivo sufficiente per ripetere l’esperienza.

Così il resto delle esplorazioni nella giungla le ho fatte da solo e forse un giorno racconterò anche quello che ho visto.

Didje Doo

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