Non è mancato il centravanti. Sono mancati i piedi, che è diverso.

Leggo troppa superficialità nel commentare la partita di sabato, sarà bene ripristinare l’ordine delle cose.

Capitolo Montella.

Montella a me non piace, non lo ritengo l’allenatore del futuro, non penso abbia più molto da dire e non andava mai e poi mai confermato.

Però il 3-5-2 lo sa gestire ed organizzare benissimo, la Fiorentina ha dominato la squadra più forte d’Italia degli ultimi 8 anni quasi con facilità e non merita alcun rimprovero. Non poteva fare cambi diversi, né più azzardati. La squadra era perfettamente equilibrata e tutti hanno dato il meglio.

Chi chiedeva più coraggio non si rende conto dell’impatto che poteva avere una terza (ennesima) sconfitta, dopo una prestazione del genere poi.

Montella e la Fiorentina devono ripartire da qui, da questo modulo che è il suo marchio di fabbrica, da questa grande partita al quale è mancata solo un briciolo di fortuna, nient’altro.

Capitolo Chiesa.

Dopo tanti mesi che richiedo a gran voce un suo impiego al centro dell’attacco, finalmente è arrivata l’occasione. Federico non è parso convinto, soprattutto nel primo tempo dove non tagliava dentro l’area neanche sotto minaccia.

Sicuramente non è nel suo periodo più brillante, soprattutto a livello mentale. Però l’impressione è che anche fisicamente non sia al 100%. Movimenti legnosi per come ci aveva abituati, probabilmente la pubalgia non è solo un ricordo estivo.

Nel secondo tempo comunque ho visto volontà e impegno superiori, anche se la fiducia gli arrivava quasi esclusivamente quando puntava sugli esterni.

Potrà essere lui il prossimo Giuseppe Rossi, o il prossimo Mertens. Adesso che il modulo e la formazione si stabilizzeranno, se ne convinca e migliori la concentrazione: con un tiro e con uno scatto come il suo potremo divertirci tutti.

Inutile commentare la gara di un eccezionale Ribéry, spaventoso soprattutto al 60’ quando – stremato – rincorre un impalpabile Ronaldo recuperando un pallone che lui aveva perso stupidamente, probabilmente per mancanza di lucidità.

Un vero campione, che rimane in panchina a sostenere i suoi compagni, che a fine partita si ferma sotto la curva a lanciare la maglia e a dare energia all’ambiente. No, non è venuto qui a svernare, non è certamente nel suo carattere, ne potete star certi.

Chiosa finale su Castrovilli.

Non è stata la buona partita giocata contro il Napoli, è stato un vero e proprio show.
Il ragazzo non si è limitato a giocare sempre bene il pallone come all’esordio, ma ha cercato di saltare il primo uomo e di verticalizzare, riuscendoci spesso.

Inoltre è riuscito a fare da fulcro e da raccordo tra centrocampo e attacco, il primo ad iniziare l’azione e spesso anche quello che andava a concluderla, vista la stazza.

Francamente a me ha impressionato la facilità con la quale scendeva dritto verso la porta e la difficoltà che avevano i fortissimi avversari nel limitarlo. Un vero e proprio raggio-laser, accecante.

C’è la netta sensazione che questo ragazzo possa scrivere pagine importanti con la nostra maglia e per la prima volta da almeno una decina d’anni a questa parte è questa la vera differenza: se prima quando vedevamo sbocciare un Bernardeschi già sapevamo che a breve sarebbe stato ceduto, adesso non più.

Un tifo d’altri tempi ha completato questa giornata che potrebbe segnare una svolta. La Curva ha per l’ennesima volta dato il meglio di sé, coinvolgendo anche quella maratona che solo 12 mesi fa la scherniva.

Questa è la grandezza del tifo viola: coinvolgere. Inutile che oggi tutti abbiate sulla bacheca Facebook le foto della coreografia se poi al primo errore di qualche sporadico coglione si puntano le dita contro tutti.

Questo tifo va difeso perché rappresenta l’unica via per costruire qualcosa di solido per il futuro. Se qualcuno sbaglia non si generalizzi contro tutto un ambiente che fa il massimo per il bene della squadra.

Fare sciacallaggio puro a 9 colonne nei confronti di 10mila ragazzi è molto peggio di uno schifoso coro di mezzo minuto.

Dario Del Gobbo

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