Primo da sinistra, Francesco Dani

SAN CASCIANO – Fra i giovanissimi direttori sportivi della Sancascianese Ciclismo c’è anche Francesco Dani.

Andiamo a conoscerlo quindi più da vicino. Per conoscere anche come si interfaccia con i “suoi” ragazziu questo giovane… fra i giovani.

Francesco, come nasce la tua passione per il ciclismo? Quali i tuoi primi ricordi sui pedali? E come si è evoluta nel tempo?

“La mia passione per il ciclismo nasce in casa: l’ho ereditata dai miei genitori che fin da piccolo mi hanno portato a vedere il Giro d’Italia lungo le strade, una volta addirittura il Tour de France e la Parigi-Roubaix. Quando si vede il ciclismo in televisione tutti i giorni, o ci se ne innamora o si prende a noia: io appartengo al primo caso. Sono sempre stato appassionato, ma a correre ho iniziato più tardi, grosso modo a 10 anni. Sono riuscito a fare attività fino alla categoria Juniores. E devo dire che oltre alla bellezza di fare lo sport che si ama, è stata un’esperienza di vita importante in senso lato. Sicuramente – col senno di poi – anche per accumulare esperienza e competenze per poter fare adesso il direttore sportivo”.

Avevi/hai qualche corridore a cui ti ispiravi/ispiri, del quale eri/sei tifoso?

“Sono stato vittima – se così si può dire – di un colpo di fulmine che probabilmente ha anche influenzato il mio modo di vedere il ciclismo: mi sono innamorato ciclisticamente di Vincenzo Nibali, già a partire dal momento in cui si mise in mostra al Tour de France del 2009. Negli anni ho imparato a capirne l’intelligenza tattica, le intuizioni, la capacità di cogliere l’attimo, qualità che vanno oltre la semplice performance: un corridore che va forte si può soltanto applaudire, un corridore che si muove intelligentemente si può imitare. Credo che sotto questo aspetto – e non solo – ci sia molto da imparare dalle corse di Nibali (sia quelle che ha vinto ma spesso anche quelle che ha perso) e cerco di trasmetterlo anche adesso che sono, se vogliamo, un educatore”.

E come sei passato dall’altro lato, ovvero quello di chi insegna questo sport?

“Al termine del secondo anno da junior ho capito di essere al capolinea, e ho preferito buttarmi subito dall’altra parte della barricata, con l’esperienza da ciclista ancora vivida e la passione ancora accesa. Inizialmente ho fatto gavetta restando nella formazione dove avevo corso da juniores, il Team Pieri, poi sono stato chiamato a fare il direttore sportivo alla Sancascianese, con cui già stavo stringendo forti legami, anche perché io e David Brogi (direttore sportivo della categoria Esordienti) siamo stati compagni di squadra da juniores”.

David Brogi, alla guida degli Esordienti della Sancascianese Ciclismo: “Migliorare giorno dopo giorno”

Quale è il tuo ruolo all’interno della Sancascianese Ciclismo?

“All’interno della Sancascianese sono il direttore sportivo della categoria Allievi: seguo i ragazzi in bici in allenamento, li accompagno alle corse e ne gestisco la preparazione durante il resto della settimana. Soprattutto sotto questo ultimo aspetto devo molto a Simone Borgheresi, che mi precedeva e mi sta tuttora dando gli strumenti necessari a ricoprire questo ruolo con professionalità. Ma, al contempo, con l’equilibrio dovuto ad una categoria che riguarda ragazzi di 15-16 anni, grandi ma non del tutto maturi”.

Quali gli obbiettivi per questa stagione?

“La stagione sta già andando almeno in parte come speravo che andasse, e stiamo riuscendo a cogliere moltissimi piazzamenti; molti dei ragazzi hanno dimostrato miglioramenti rispetto all’anno passato, e da alcuni sono sicuro di poter trarre ancora di più. In ogni caso il mio obiettivo non si limiterà mai alla stagione corrente: gestire le categorie giovanili significa formare gli atleti, fornire loro le competenze e l’esperienza necessarie a poter svolgere al meglio la loro attività nel caso in cui riescano ad andare avanti. Allo stesso tempo, significa trarre da loro la miglior prestazione facendo però in modo di lasciarli al termine della categoria, sia mentalmente che fisicamente, freschi per poter fare un ulteriore salto di qualità negli anni a venire. Se un mio ragazzo vincesse dieci corse (iperbole voluta) ma poi smettesse di correre perché gli è passata la voglia, sarebbe una sconfitta. Allo stesso tempo, preferisco fare qualche risultato in meno ma abituare i ragazzi a capire come si corre, giocarsi le gare in modi diversi, abituarli ad improvvisare, magari anche sbagliando. Credo che la più grande vittoria per un direttore sportivo sia riuscire a formare degli atleti che in futuro, con la maturità, possano essere innanzitutto direttori sportivi di sé stessi, pur essendo al contempo capaci di essere parte attiva di una squadra”.

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