FERRONE (GREVE IN CHIANTI-IMPRUNETA) – L’abbiamo chiamato “Maestri di sport”. Ed è uno spazio su SportChianti nel quale diamo risalto a chi, appunto, insegna sport.

Può essere un allenatore, un’allenatrice. Potrà essere un dirigente. Anche un magazziniere. Questo spazio è per tutti coloro che, specialmente con bambine e bambini, ragazze e ragazzi, insegnano i valori, i gesti, la meraviglia del fare sport.

Come Filippo Francini, coach del Chianti Baseball. Vero e proprio pilastro del batti e corri nel Chianti fiorentino.

Filippo Francini e il baseball. Un rapporto che nasce… come?

“Ho potuto approcciarmi per la prima volta al baseball grazie a dei compagni di classe di mia sorella, che avendo giocato i vecchi “Giochi della gioventù” con la scuola media “Francesco Redi” di Antella, erano riusciti ad arrivare alle finali nazionali a Roma. E si erano appassionati a tal punto da voler mettere su una squadra vera e propria per poter giocare un campionato regolare. Così, grazie all’aiuto di molti genitori e la possibilità di usufruire di un pezzo di terra adiacente alla casa del popolo di Antella, avevano iniziato a costruire quello che adesso è il campo da baseball del paese. Vedendo quei ragazzi più grandi di me di circa 6-7 anni così entusiasti, con in mano mazze e guantoni, mi sono avvicinato curioso di provare quello sport. Era il 1981, avevo 7 anni, e da allora non l’ho più lasciato”.

Cosa vuol dire appassionarsi a questo sport, che negli Usa è una sorta di religione, in Italia, in Toscana, nel Chianti?

“Questo sport, che negli Stati Uniti è veramente parte del patrimonio culturale del Paese, in Italia si attesta come una disciplina relativamente “giovane”, essendo arrivato dopo la seconda guerra mondiale e praticato inizialmente quasi esclusivamente dai militari americani stanziati nelle varie basi. Da lì sono iniziati i primi contatti con ragazzi italiani, che hanno poi diffuso il baseball un po’ in tutta Italia, isole comprese. Dopo un’iniziale euforia dovuta anche al periodo storico, dove un po’ tutto quello che veniva dagli Usa andava molto di moda, è iniziato un graduale ridimensionamento del movimento. Ad oggi in Italia si contano circa 30.000 tesserati alla FIBS (Federazione Italiana Baseball e Softball) per lo più distribuiti nelle regioni del centro/nord. C’è chi sostiene che il baseball abbia grandi potenzialità in Italia, mentre chi dice che sia in forte crisi. Secondo me è una disciplina un po’ fuori dagli schemi per noi italiani, abituati a sport molto dinamici e veloci, ricchi di intensità emotiva e capaci di risvegliare antiche rivalità e campanilismi. Il baseball è diverso, è più “lento” e noioso agli occhi di chi non lo conosce. E’ una sorta di continua sfida: è come, parlando in termini calcistici, una partita giocata ai calci di rigore. Sì, forse può sembrare più noiosa, non ci sono le azioni esaltanti, ma il pathos, la tensione e l’energia che si scatenano in quei momenti non sono per deboli di cuore. Questo è il baseball, momenti di finta calma e azioni velocissime, palle che viaggiano a velocità impressionanti e tanto tanto coraggio misto a follia. Per questo è lo sport che più ha ispirato il cinema americano. In Toscana ci sono una ventina di società che si dedicano alla promozione del baseball, e una di queste è il Chianti Baseball. Che sento come una mia creatura, portata avanti con tanto sacrificio e l’aiuto di molte persone. Che a titolo volontario dedicano con passione ed impegno il loro tempo libero per far conoscere questo bellissimo sport ai ragazzi ed alle ragazze del territorio”.

E come sei passato al ruolo di coach?

“Ho giocato dall’età di 7 anni fino ai 28. Poi, a causa di un infortunio piuttosto grave, ho dovuto smettere. Anche prima del mio ritiro mi ero appassionato all’insegnamento ai più piccoli, ma soltanto come aiuto allenatore. Poi, dopo aver acquisito il brevetto di primo livello, ho iniziato a farlo in maniera più assidua e con maggiore interesse. Attualmente sono allenatore di secondo livello con la qualifica di “pitching coach”, ovvero allenatore dei lanciatori (per capirsi, quelli che lanciano la pallina dal monte di lancio). Continuo ad aggiornarmi ogni qual volta me ne viene data la possibilità, soprattutto mi interessano i corsi sugli aspetti psicologici, mentali e motivazionali. Come tecnico non mi ritengo un fenomeno, anzi, tuttavia posso sentirmi veramente fiero di avere creato insieme a Guido Puliti (presidente della società), una bellissima realtà, sana, dinamica, aperta, sostenibile e coinvolgente. Non ci piace fare tanti proclami, ma lavorare in maniera minuziosa, continua e programmatica con i nostri atleti. Il nostro scopo principale è insegnare l’importanza della pratica sportiva in generale, nel lungo periodo, ai ragazzi. Evitarne l’abbandono precoce e dare ai nostri tesserati un’impronta forte sul senso civico, la correttezza, il rispetto e la salute psicofisica”.

Come vedi, oggi, la propensione di bambine e bambini, delle famiglie, nei confronti del baseball?

“Ho notato che ancora oggi, ma forse un po’ meno di prima, molte famiglie ci vedono un po’ come uno sport pericoloso. Oppure come una disciplina dove non si lavora abbastanza da un punto di vista atletico. Sulla pericolosità abbiamo fatto dei grandi passi in avanti: è vero che usiamo mazze e palline, ma sono adeguate sia come misura che come materiale all’età dei giocatori che le utilizzano. Da quest’anno è obbligatorio per i battitori indossare il caschetto con la griglia protettiva del viso, esistono protezioni individuali per varie parti del corpo. In tutti gli soprt del mondo esistono i rischi di infortuni legati al gesto tecnico, agli scontri. Il baseball forse da questo punto di vista è tra i più sicuri. Per quanto riguarda la preparazione di tutti i nostri atleti, visto che nel baseball non solo si deve tirare la palla, battere, ma anche correre, saltare, scivolare, tuffarsi, è necessaria una preparazione a 360 gradi dell’atleta. Finalizzata a renderlo capace di fare anche gesti pazzeschi in una frazione di secondo. Si tratta un po’ come preparare un centometrista, ore ed ore di duro allenamento per dare il meglio in quei pochi secondi di gara. A tutto questo si aggiunge anche la difficoltà di mantenere la calma e la concentrazione per tutta la durata della gara, perché anche solo una piccola distrazione potrebbe compromettere le sorti di una intera partita. Personalmente questo aspetto mi ha aiutato tantissimo, ad esempio, nel lavoro: riesco a dare il meglio quando sono sotto pressione e riesco a gestire i numerosi momenti di ansia”.

Come si approccia, infine, il Chianti Baseball alla nuova stagione: dacci qualche “linea guida”…

“Il Chianti Baseball ha come mission il far conoscere a più bambini e bambine possibile la bellezza ed il fascino di questo sport, mantenendo il focus sull’attività giovanile (fiore all’occhiello della società) dando tuttavia l’opportunità ai più grandicelli di esprimere il loro talento come meglio credono. Sia con un approccio più “professionale” che più “amatoriale”; l’importante è che ognuno possa trovare, come si suol dire, la giusta scarpa per il proprio piede. In questa maniera già da qualche anno abbiamo iniziato a vedere dei grandi risultati: molti ragazzi continuano a praticare con passione e divertimento, lontano dal Chianti (non abbiamo un impianto dedicato ed adeguato alle categorie seniores sul territorio del comune di Greve in Chianti) ma sempre sotto la nostra supervisione, in modo tale da poter aiutare ed eventualmente indirizzare la crescita di ogni nostro atleta. Questo ci riempie di orgoglio: più di qualunque trofeo”.

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