CHIANTI SENESE – Lodevole l’iniziativa di tre aziende chiantigiane (Big Blu Group, Chianti General Service e Vernifer) che hanno deciso di supportare e sponsorizzare il pluripremiato atleta paralimpico Matteo Betti, in vista dei prossimi Giochi a Tokio.

In attesa dell’evento di promozione organizzato dalle tre imprese “nostrane”, siamo andati a conoscere il campione trentacinquenne originario di Siena e membro del Consiglio Nazionale del Comitato Italiano Paralimpico in quota atleti.

“Ho iniziato a tirare di scherma già all’età di cinque anni – inizia il racconto – ed ha sempre rappresentato per me una forte passione. L’emiparesi con cui sono nato mi permetteva di tirare in piedi sulle pedane olimpiche ed è stato soltanto da grande che ho iniziato a praticare su carrozzina (era il 2005)”.

“Non nego – ci dice Matteo con onestà – che sulle pedane olimpiche sono poco più che un normale schermidore mentre sulla carrozzina ho raggiunto fin da subito alti livelli”.

Chiediamo, allora, all’atleta come è avvenuto l’avvicinamento a questa disciplina: “È avvenuto tutto in maniera abbastanza repentina. Era l’estate 2005 quando un tecnico mi chiese di provare. Dopo neanche un mese partecipai ai Campionati Italiani, dove mi aggiudicai un primo e un secondo posto alle gare. A dicembre avrei poi preso parte agli Europei. Visti i risultati raggiunti in così poco tempo, da quel momento ho dedicato tutte le mie energie alla pratica”.

Ci viene, quindi, da chiedere a Matteo, che sta per prendere parte alla sua quarta Olimpiade in carriera, che tipo di allenamenti segua.

“Ho la fortuna – ci dice – di non essere un talento cristallino. Dico che è la mia fortuna perché ciò mi costringe a lavorare tanto per essere in forma e sono sempre costretto a cercare di superare i miei limiti. La disciplina stessa è cambiata molto nel tempo: fino ad una decina di anni fa era sufficiente padroneggiare un’ottima tecnica mentre adesso è necessario accompagnarla ad un esercizio fisico costante e mirato.”

Diventa spontaneo – visto il lungo palmares – indagare su quale sia l’impresa realizzata di cui il campione va più fiero.

“Senza dubbio la medaglia di Londra – ci risponde prontamente – che per me è un emblema di quanto possa essere affascinante lo sport. Ventiquattro ore prima, ero andato male nel fioretto sul quale puntavamo molto. Sembrava quasi che avessimo buttato quattro anni di sudore e fatica. E invece nella spada, sulla quale non avremmo scommesso, ho riscattato la sconfitta del giorno precedente, dando un senso a tutto il lavoro che avevamo fatto!”.

Quale può essere allora il messaggio di un Campione oggi ad un ragazzo con disabilità?

“Mentirei – risponde sicuro – se non dicessi che, come atleta, il primo obiettivo è quello di vincere. Eppure, c’è stato un episodio che mi ha fatto davvero capire come, per un ragazzo portatore di una qualsiasi disabilità, la prima vittoria e il primo traguardo siano effettivamente praticare sport”.

“Durante le Paralimpiadi di Pechino – ricorda – una bambina emiplegica come me, dopo aver assistito alla mia gara, mi fece inviare una mail dai genitori, nella quale diceva che, ispirata dalla mia prestazione, avrebbe iniziato a praticare sport. Non tira di scherma, ma è oggi una giovane promessa del nuoto!”.

Quali sono gli obiettivi per la prossima Paralimpiade? “Partecipare per partecipare non mi piace. Siamo l’Italia e andremo a difendere quella che è probabilmente la migliore scuola di scherma al mondo. Cercheremo di arrivare al podio.”

Salutandoci, chiediamo a Matteo che effetto faccia far parte del Consiglio Nazionale del Comitato Italiano Paralimpico.

“Sono sicuramente molto orgoglioso – conclude – Vado per la quarta Paralimpiade e non nego di avere una certa esperienza. Ho idee che possono aiutare sia lo sport di base provinciale a Siena, che ha evidentemente certe esigenze, che quello degli atleti “di punta”, che ne ha ovviamente altre. C’è molto lavoro da fare ma ho per compagni atleti ottimi e con grande esperienza. Sono molto ottimista per il futuro della disciplina.”

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