Non è il problema di aver perso a Venezia, che comunque sarebbe di per sé già un bel problema.

Più che altro è che pare sia bastata una partituccia per veder saltare il banco. E questo è assolutamente un classico.

Un classico di una città autolesionista che ha una squadra di calcio che si autodistrugge da più di un lustro soprattutto e da sempre in generale: certezze che neppure una nuova proprietà sta riuscendo a scalfire.

La scorsa settimana lo avevo scritto a chiare lettere: sosteniamo Vlahovic. Fottiamocene delle sue vicende contrattuali, sosteniamolo lo stesso e anteponiamo il bene della Fiorentina al nostro patetico orgoglio.

Ovviamente non è andata così.

Capisco che una tifoseria che non ha mai vinto niente, che ogni anno vede partire il suo miglior calciatore (quasi sempre verso Torino, sponda bianconera), che viene sistematicamente presa in giro da calciatori, dirigenti e proprietari non possa accettare con aplomb britannico l’ultima ripicca dell’ultimo buon giocatore che ha scovato da pochi mesi.

Capisco il nuovo proprietario, ingenuo. Che pensava che una proposta di rinnovo a cifre altissime bastasse per ottenere un matrimonio coi fiocchi.

E che quando si è visto ridere in faccia dai procuratori del giovane serbo abbia capito che l’unico modo per provare a difendere il proprio capitale era scatenare un vespaio contro i procuratori e il calciatore stesso, così facendo però adesso ci ritroviamo con un mezzo fantasma in attacco.

In fin dei conti, il problema vero è che nessuno si preoccupa più dell’unica cosa che conta: il campo.

Qui alterniamo tifosi feriti che preferiscono giocare con Kokorin e che sperano di “far marcire” Vlahovic in tribuna per 18 mesi a proprietari presuntuosi che sono convinti di non sbagliare mai e che invece non hanno capito manco i più banali meccanismi di quella merda che è diventato oggi il nobile giuoco del calcio.

Grazie a questa vera e propria “banda” ci ritroviamo con i giocatori e l’allenatore – ovvero le uniche persone che dovremmo sostenere per sperare in qualcosa di calcisticamente eccitante – tutti compatti contro l’ambiente reo di aver offeso Vlahovic a fine partita a Venezia e anche contro la proprietà rea di aver volontariamente rovinato la calma apparente che comunque fino a pochi giorni fa c’era e permetteva a tutti di lavorare bene e di arrivare fino al quinto posto in classifica.

L’impressione è che la nostra sia ancora una società molto molto impreparata.

Burdisso è l’unico che ha mostrato abilità calcistiche ma non si capisce ancora quale peso abbia sul piano dirigenziale.

Pradè oramai non sorride più manco al matrimonio della figlia e la durata del suo contratto è una sorta di quarto segreto di Fatima.

Barone infine è concentrato nel tirare palloni in curva per vedere se il vecchio coro “Barone Joe lo-lo-lo-lo-lo-lo” ritorna un po’ in auge, con scarsi risultati.

La Fiorentina è di fatto in mano ad un allenatore terza scelta arrivato qui per puro caso (e meno male) che si trova sulla nostra panchina da due mesi scarsi, che aveva messo su un piano di lavoro certosino appena incasinato dal suo stesso presidente.

In mano ad un centravanti che fino a oggi si è comportato in modo impeccabile ma con le valigie già messe nel portabagagli nonché fresco fresco di infamie copiose; con un capitano al quale non vuol bene manco il cane e l’unico giovane di valore che ha deciso di rinnovare che pare però avere il carattere e la concentrazione di uno scappato di casa.

Se c’è qualcuno che vuol bene a questa squadra batta un colpo. Vada allo stadio e sostenga chiunque per 100 minuti. Ora più che mai. Perché altrimenti “non andrà tutto bene”.

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