CHIANTI FIORENTINO – Un pugno nello stomaco. Un qualcosa che fa ribollire il sangue nelle vene, se si pensa pure che la prova speciale che partiva dal Pontenuovo per salire su verso Campoli, passava letteralmente in mezzo al dolore.

In mezzo ai tre uccisi a Fabbrica, il 24 luglio del 1944. Quando Bruno Viviani, Brunetto Bartalesi, Giuseppe Vermigli, Carlo Viviani vennero presi da una squadra delle SS che fece irruzione in una colonica.

Trascinati via, vennero fucilati a poca distanza: solo Carlo Viviani, fingendosi morto, si salvò.

In mezzo ai dodici contadini trucidati a Pratale il giorno prima, il 23 luglio del ’44. Con le mitragliatrici che crepitarono addosso a Livio Gori, Giuseppe Gori, Serafino Gori, Omero Gori, Marcello Gori, Bruno Gori, Giuliano Lotti, Carlo Lotti, Angiolo Cresti, Attilio Cresti, Oreste Cresti e Giuliano Raspollini.

In mezzo a un territorio che ancora sente, profondamente, il dolore di quegli anni. Di quello che ha causato sulla pelle delle persone il nazifascismo.

E allora quell’adesivo con il volto del Duce, Benito Mussolini, in bella mostra sulla carrozzeria di una delle auto che hanno partecipato, sabato 8 e domenica 9 dicembre, al Rally della Fettunta, è stato un pugno nello stomaco.

Un adesivo sfuggito, nelle migliaia di cose da fare, ai bravissimi organizzatori della Valdelsa Corse. Un adesivo messo lì, comunque, per essere visto. Accanto al nome del pilota. Per lanciare un messaggio.

Un messaggio che viene rispedito al mittente, con sdegno, da parte dei sindaci Massimiliano Pescini (San Casciano), David Baroncelli (Tavarnelle), Giacomo Trentanovi (Barberino Val d’Elsa).

Che esprimono una dura condanna “per il significato legato all’immagine che rimanda ad una delle pagine più oscure della storia italiana dominata dalla dittatura fascista e dalle leggi razziali”.

“Lo consideriamo un gesto inaccettabile e sconsiderato – dicono i tre primi cittadini – i piloti alla guida dell’auto non solo hanno preferito non tenere riservate le loro preferenze politiche a supporto del dittatore, ma hanno abusato di un contesto pubblico per esporre un’immagine la cui diffusione è vietata dallo Stato”.

“Ricordiamo – tengono a dire – che l’apologia del fascismo è una forma di reato previsto dall’art. 4 della legge Scelba attuativa della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione. I nostri sono territori liberi da ideologie fasciste e profondamente democratici e siamo consapevoli che uno stato democratico significhi prima di tutto garanzia di libertà di espressione ma ci sono dei limiti e ogni azione deve essere compiuta nel rispetto della legge”.

“Gesti come questi – concludono – non devono più accadere perché il fascismo non è un’opinione, come disse Sandro Pertini il fascismo è la negazione delle opinioni, è violenza e oppressione fondate su violenza e oppressione”.

Matteo Pucci

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