FIRENZE – Ad agosto per lui è arrivata a Coverciano l’abilitazione come preparatore atletico del settore giovanile, ultima tessera di un curriculum professionale fin qui impeccabile, specie se in relazione alla giovane età.

Davide De Fraia passa le sue giornate in mezzo ai giovani, con l’immancabile sorriso in volto e in testa programmi e tabelle d’allenamento. Di mattina insegnante di educazione fisica (quest’anno al liceo classico Michelangiolo di Firenze), di pomeriggio sui campi di calcio a migliorare le prestazioni atletiche dei giovani calciatori.

Trent’anni, originario di Pozzuoli ed ex centrocampista del Monteruscello (uno dei vivai più celebri del Sud), da un decennio ormai Davide vive e lavora in Toscana ed è uno dei motori della crescita esponenziale del settore giovanile dello Scandicci, uno dei club che in ambito fiorentino di più ha creduto e investito anche su strutture e metodologie d’allenamento. Da quest’anno è il responsabile dell’area motoria che significa l’attenzione per tutte le squadre scandiccesi dagli Juniores Nazionali ai Giovanissimi B.

Ma nel suo curriculum ci sono tantissime collaborazioni portate avanti nel corso degli anni con le prime squadre: Ginestra, Audax Rufina, Vaianese, Audace Legnaia, Prato 2000, oltre a quelle nel settore giovanile, tra Sestese, Prato e Poggibonsi.

In questa stagione sta offrendo la sua consulenza anche al Barberino Val d’Elsa, in Prima Categoria, con una stretta sinergia con il tecnico Simone Gori: “Ci sentiamo spesso e sicuramente è un’altra esperienza per me stimolante. Ci confrontiamo sui carichi della preparazione in relazione ai singoli calciatori e fin qui direi che lavoriamo bene insieme”.

Ovviamente con una prima squadra il lavoro non può che essere molto diverso da quello del settore giovanile: “Quando ti trovi a lavorare coi grandi, il tuo scopo non può che essere quello di mantenere la situazione che ti trovi a gestire. I fisici sono ormai sviluppati ed è difficile lavorare sul miglioramento dell’atleta in sé. Si punta soprattutto alla performance complessiva di squadra. Più sul momento e meno in prospettiva, non può essere diversamente”.

“A livello giovanile invece un preparatore può incidere di più col proprio lavoro: è qualcosa di più delicato ma che dà anche maggiore soddisfazione. Su un ragazzo puoi apprezzare i suoi progressi giorno per giorno, come sta capitando a me a Scandicci. Coi giovani non si guarda soltanto alla prestazione singola ma anche alla completezza dell’io atleta, a cominciare dagli schemi motori di base”.

“Al giorno d’oggi, i ragazzi fanno una vita sempre più sedentaria e pigra e, fuori dal campo, non fanno molto attività fisica. Un tempo noi andavamo in bicicletta, a giocare a pallone all’oratorio, non stavamo mai fermi. Adesso invece quando ti avvicini a un ragazzo per la prima volta ti accorgi che ha difficoltà pure a camminare, a correre, a saltare. Quindi bisogna partire proprio dalle base, perché hanno perso i movimenti fondamentali.

“Il nostro lavoro parte da lì: prima farli camminare, poi correre, poi correre veloce, poi correre veloce e per tanto tempo. Nei ragazzi però noto anche una sempre maggior cultura del lavoro. Hanno voglia di lavorare e soprattutto di conoscere e sapere qualcosa del lavoro che si fa. Chiedono, domandano, si informano. Sono ormai abituati a vedere queste figure sul campo accanto all’allenatore: i ragazzi sono spugne, più lavorano e più producono”.

Negli ultimi anni la figura del preparatore atletico è cambiata molto, come Davide ha avuto modo anche di vedere dal vivo in ambito professionistico: “Oggi il preparatore atletico deve essere una figura globale, deve sapere anche un po’ della parte tattica e tecnica. Prima quasi tutti i preparatori venivano dall’atletica e constatavano semplicemente il fatto che nel calcio ci si allenasse troppo poco. Oggi non c’è più la contrapposizione di una volta tra allenatore e preparatore”.

“La figura del preparatore sta diventando fondamentale a tutti i livelli, anche nel settore giovanile. Ogni ragazzo, per fare il salto di qualità, ha bisogno di essere seguito, oltre che sul piano tecnico e tattico, anche su quello atletico. Ecco perché, guardando una partita, si nota facilmente quando dietro una squadra c’è il lavoro di uno staff completo”.

“E anche gli allenatori accettano di buon grado, anzi ricercano volentieri, la collaborazione di un preparatore. Ormai il lavoro non è più singolo ma di gruppo, globale. Come noi dobbiamo conoscere tecnica e tattica, così anche l’allenatore deve sapere qualcosa della nostra materia”.

Anche il lavoro sui calciatori è cambiato. Non si lavora quasi mai “a secco”, senza palla. Ogni esercitazione deve avere aspetti cognitivi, tecnici e tattici insieme. Non deve essere ignorato nessun aspetto. Ma per fortuna, appunto, gli allenatori di oggi sono pronti a questa idea di calcio”.

Nel corso degli anni questa idea di calcio è cambiata profondamente: “Prima si pensava che l’importante fosse correre tanto e basta. Oggi invece l’idea è che si debba correre il giusto ma con intelligenza. La gestione delle forze alla fine può far vincere o perdere una partita, questa è la realtà. Purtroppo laddove si vede tanto ritmo, spesso questo va a scapito della qualità.”.

La Toscana è all’avanguardia in materia, nel panorama nazionale: “In Toscana siamo più avanti della media. Il fatto di avere Coverciano in casa ovviamente ci aiuta rispetto al resto d’Italia. Intorno a Coverciano c’è un flusso potente di idee, insegnanti, occasioni di crescita”.

“Anche come strutture la Toscana è un pezzo avanti: c’è quasi sempre la possibilità di lavorare con materiale, strutture, palestre, campi sintetici di qualità. Situazioni spesso paragonabili alle migliori realtà del Nord: un terreno fertile su cui migliorare ancora”.

“In Toscana quasi tutte le squadre hanno uno staff di lavoro e la figura del preparatore è molto apprezzata. Basti vedere quanto lo Scandicci ha investito e sta investendo sull’aspetto della preparazione atletica, riscuotendone credo dei buonissimi risultati ogni domenica”.

Gabriele Fredianelli

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