TAVARNELLE – Cammini su un filo, non in senso metaforico ma nella realtà. E entri in una dimensione diversa. Spirituale.

Nelle scorse settimane di slackline si è parlato soprattutto in seguito alla morte di un trentenne sui monti dell’Aquila.

In realtà stiamo parlando di una vera e propria disciplina che ha un grande, assoluto rispetto della vita. E a raccontarcela è il tavarnellino Duccio Becheroni, conosciuto da tutti come Didje Doo.

Duccio Becheroni. Innanzi tutto…chi sei? Cosa fai nella vita?

“Ahh guarda quasi nessuno, tranne la mia famiglia, gli amici stretti e i carabinieri mi conosce con questo nome! Gli altri mi conoscono come Didje Doo, che è un altro nome che mi sono scelto. Un po’ come un nome d’arte. Sai che gli aborigeni australiani ad un certo punto cominciamo a scegliersi da soli il proprio nome? Credo aiuti a prendere consapevolezza di sé rispetto alla comunità, o forse nel mio caso è solo sintomo di dissociazione ma insomma dicevamo: chi sono? Sono uno curioso, a cui piace andare a vedere cosa c’è dentro le cose, andare a cercare e capirne l’essenza. Poi sono incapace di resistere al richiamo della bellezza. Mi piace viaggiare ed esplorare posti e situazioni nuove. Mi piace sentire la vita quando spinge al massimo in ogni sua forma. Adoro la musica per esempio, faccio il deejay coi giradischi da quando ero un ragazzino e sono attratto da ogni tipo di strumento e da ogni stile musicale. Passo molto tempo insieme a persone e amici diversamente abili, e questo di sicuro è stato fondamentale nell’innesco della scintilla. Ho iniziato ormai diversi anni fa, grazie all’opportunità del Servizio Civile Nazionale e ancora oggi è tra le attività principali nella mia vita. Oh vita! Ecco perché cammino su un filo! Per la vita!”.

Come è nata la tua passione per lo slackline? Anzi…prima di tutto cosa è lo slackline?

“Slackline è l’arte di camminare su un filo sospeso per aria. Quest’arte nei secoli ha preso molte forme, la più famosa delle quali è il funambolismo. Quella più recente invece è la slackline e al posto del cavo d’acciaio o della corda di canapa usiamo fettucce elastiche in materiale sintetico. E’ una disciplina davvero molto recente tramite la quale ragazzi e ragazze stanno mettendo a segno conquiste incredibili in luoghi incantevoli di tutto il mondo! Anche noi qui in Toscana abbiamo un bel gruppo (Slackline Toscana ASD) che sta facendo cose grandiose sia nel nostro territorio che nel resto d’Europa. Nonostante sia un’attività alla fine molto individuale e solitaria, lo spirito di collettività, di amicizia, il supporto reciproco e la collaborazione in questa community globale sono incredibilmente sviluppati. E’ molto interessante questa cosa, invito gli antropologi a darci un’occhiata”.

Dicevamo la passione. Come hai iniziato?

“La passione. Di certo questo è il motore principale. Ho iniziato nella primavera del 2013, in un momento della mia vita in cui avevo bisogno di una prova tangibile sulla mia pelle che in realtà l’impossibile non esiste, e che veramente posso essere in grado di fare qualsiasi cosa desideri. Ero da poco venuto a conoscenza delle imprese di Philippe Petit, il più grande funambolo di tutti i tempi. Un uomo che sta trasformando la propria vita in poesia pura. Ne fui subito rapito. Poco dopo vidi un video su YouTube dove un ragazzo camminava su una fettuccia di poliestere, simile a quella con cui si fissano i carichi sui camion. Un tipo di attrezzatura poco costosa e facile da installare rispetto al cavo d’acciaio. Così corsi in ferramenta e comprai cinghia e cricchetto da camion. Esaltatissimo scelsi un luogo solitario dove ci fossero due alberi a una distanza ragionevole, tesi la “slackline” a poca altezza e cominciai a provare. Il primo giorno fu una tragedia: quella “cosa” sotto ai miei piedi si muoveva e oscillava senza sosta e mi ritrovavo in posizioni ridicole e scoordinate prima di cadere giù. Non solo: nel ripetitivo salire e scendere avevo pestato una merda col piede sinistro e senza accorgermene la stavo spalmando su tutta la fettuccia! Un inizio senz’altro scoraggiante. Se ti metti in testa di voler fare una cosa impossibile sai che gli ostacoli saranno molto seri. La battaglia era appena cominciata. Lavai la cinghia e ricominciai. Non avevo ancora nessuna nozione tecnica, nessun esempio da seguire ma soltanto una grande determinazione nel voler riuscire. C’è da dire che si impara più rapidamente di quanto ci si immagina. Già una settimana dopo sentivo il bisogno di alzare il livello, finché mi decisi a comprare una slackline vera e propria, lunga abbastanza da attraversare un campo da calcio”.

Come sentiresti di descrivere le sensazioni che ti dà lo slackline?

“Beh questa è la parte più bella. Il motivo profondo per cui ti innamori di questa cosa. Se vogliamo vederla in termini zen o meditativi, camminare su un filo sospeso ti porta nella dimensione dell’essere totalmente presente e totalmente distaccato nello stesso tempo. La percezione di sé e dello spazio circostante diventano esponenziali, si accendono i sensi. Si impara a domarsi, nel senso che si acquisisce quel tipo di controllo sulla propria emotività che ti permette di non cadere, e nello stesso tempo di godere di quello che sta succedendo.
Puoi provare ad immaginare ora quale senso di pienezza ti può dare camminare nel vuoto! Perché è li che il nostro cuore vuole andare, in alto! La versione più innamorata dello slackliner si esprime infatti in “highline”, che è la versione diciamo estrema della slackline.
Chiaramente prima di arrivare a tutto ciò c’è bisogno che il corpo impari tramite l’esercizio. Secondo me il corpo è sottovalutato. Ha una memoria che è molto più affidabile di quella che abita nella mente”.

È un qualcosa che possono provare tutti? Anche i bimbi?

“Decisamente sìi! I bimbi soprattutto! Ci sono precauzioni e tecniche di apprendimento che minimizzano i rischi rendendo la pratica dello slacklining accessibile davvero a chiunque, ad ogni età. Una volta ho visto una foto dove un ragazzo in carrozzina stava in equilibrio con le ruote su due slacklines parallele. I benefici per il corpo, oltre che per la mente sono inestimabili. Ogni singolo muscolo entrerà in gioco nella ricerca dell’equilibrio. In oltre ci sono tutta una serie di abilità e competenze che, andando avanti, si sviluppano tutto intorno: conoscenza delle piante, dei vari tipi di roccia, la fisica dei carichi e delle tensioni e alcune tecniche alpinistiche”.

Quali i luoghi più strani in cui hai fatto slackline?

“Guarda ti posso assicurare che “strano” è ovunque sospendi un filo per camminarci sopra, ma chiaramente ci sono luoghi dove la sfida all’impossibile diventa importante per via dell’accessibilità, della difficoltà di installazione o di altri fattori. Queste prendono proprio il sapore dell’impresa, nella quale collaborano diverse persone mosse dallo stesso desiderio e forti della stessa tenacia. Ad ogni modo collegare due punti, che siano alberi, scogli o montagne e riempire lo spazio che li separa passeggiando ha sempre qualcosa di magico in sé”.

E dove, infine, vorresti… camminare in aria?

“Dopo il “Battesimo dell’aria”, come lo chiama Philippe Petit, non c’è un momento che tu non tenga d’occhio il cielo cercando due punti dove ancorare il filo della tua immaginazione.
Realizzare il sogno poi è quanto di più bello c’è, soprattutto se conquistato con la fatica. Ora sto lavorando ad un progetto per poter installare una slackline tra le torri del monastero di Badia a Passignano. L’amico don Andrea mi ha detto che come minimo mi devo prima sposare giù in chiesa e allora intanto sto cercando di convincere la mia ragazza a sposarmi. Niente è impossibile ragazzi!”.

Matteo Pucci

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