TAVARNUZZE (IMPRUNETA) – La carriera da difensore centrale l’ha chiusa nel migliore dei modi la scorsa primavera sul campo di San Casciano: vincendo la finale play-off con la Sancat e riportando la sua Impruneta Tavarnuzze in Seconda Categoria.

Duccio Mazzoni è oggi una delle voci più seguite sul mondo della Fiorentina e ogni giorno, dai microfoni di Lady Radio, racconta le vicende viola.

Scandiccese, classe 1992, Duccio come calciatore è partito dal San Giusto Le Bagnese, è passato dallo Scandicci quindi, ha giocato all’Antella, a Figline e alla Floria. Quindi, nel secondo anno di Juniores, il colpo di fulmine con l’Impruneta Tavarnuzze. Per un amore per i colori verde-azzurri che non si è mai spento e che oggi continua come “vice” di mister Filippo Lebri.

“A Tavarnuzze c’è tutta la mia vita, non solo calcistica – spiega Duccio – Ci sono arrivato che ancora non avevo fatto la maturità e ci sono cresciuto come uomo, passando per la laurea, il lavoro da giornalista, l’inizio di una vita indipendente.”.

Duccio con Vasco Brogi e il presidente dell’Impruneta Tavarnuzze Manetti

Dopo gli esordi a Calciopiù (“la prima passione resta ancora oggi la carta stampata”), nel 2012 esordisce alla radio in Sabato Sport, per poi ritrovarsi qualche anno dopo spalla a spalla con Mario Tenerani per seguire da vicino le vicende della sua Fiorentina: “E’ sempre stato il mo sogno da bambino. E non c’è stata squadra in cui abbia giocato in cui non fossi quello che faceva le cronache delle partite o le pagelle dei compagni”.

L’incrocio tra giornalista e calciatore dilettante gli permette di cogliere anche molte sfumature: “Anche sul lavoro serve. Nel periodo di Montella, per esempio, è chiaro che certe dinamiche dello spogliatoio si capivano meglio avendo giocato un po’: capisci i segnali che mandano i giocatori”.

Prima o poi gli piacerebbe provare anche ad allenare “ma il tempo a disposizione è limitato. Per ora do volentieri una mano a Filippo che prima che un allenatore è un amico e un ex compagno di squadra. E per me è un modo di restare in un gruppo che è come una famiglia, con il quale sono cresciuto”.

Tra gli allenatori che hanno lasciato una traccia nella sua vita ci sono Alessio Lupi (“Per me un maestro e un amico. Ci conoscemmo con Team Firenze nel 2004 in Olanda, poi mi ha portato all’Antella e a Figline”), poi Franco Merendi, lo stesso Lebri e Marco Menichetti (“con lui negli Juniores uno degli anni più belli della carriera. E una bellissima salvezza sul campo del Maliseti”), ma anche Stefano Pallotta, con cui ha cominciato ai tempi di San Giusto e oggi alla Fiorentina femminile.

Le differenze mediatiche tra mondo dei dilettanti e la Serie A sono evidentemente enormi: “Il bello dei dilettanti è che certi personaggi li trovi solo lì: presidenti, tuttofare, squadre che sono prima di tutto dei gruppi di amici. Ovviamente in Serie A è quasi tutto veicolato dall’ufficio stampa ed è difficile riuscire approfondire sul piano del rapporto umano. E poi nei dilettanti ti puoi prendere meno sul serio, mentre parlando della Fiorentina bisogna sempre statre attenti a quello che si dice, avere la misura giusta”.

Non sono mancati comunque anche personaggi sorprendenti: “Come Tomovic. Quando l’ho intervistato si è rivelato una persona gentilissima, mi ha raccontato anche aneddoti della sua vita. Non era solo il terzino scarso che tutti dicevano”.

un giovane Duccio al Franchi

Il momento cruciale professionalmente parlando è ovviamente uno: “La morte di Astori. Stavamo andando a Udine in auto. A un certo punto ci arrivò la notizia della morte del capitano. Quando arrivamo all’hotel tutto era appena successo, c’erano ancora i giocatori in lacrime. Ecco, parti per vedere una partita e ti ritrovi a un obitorio: è chiaro che quella vicenda mi ha fatto crescere molto anche professionalmente”.

Tra i momenti belli invece “c’è Fiorentina-Napoli 3-0. La finale di Coppa Italia a Roma, dopo tutto quello che era successo intorno, era una ferita ancora aperta per me come cittadino prima che come tifoso. È stata una bella rivincita poter raccontare quella vittoria”.

Intanto Duccio è stato anche tra i primi giornalisti fiorentini a conoscere Commisso: “Ero a Milano i giorni del “closing”. Già in quel periodo avrebbe voluto rilasciare interviste anche se non poteva, con l’operazione in corso. Era gentile e alla mano. Quando è venuto alla radio ha voluto salutare tutti in studio, compresi i tecnici. È un padre di famiglia. Si vede bene che è così nella realtà e non un personaggio costruito. Certo è che con lui la Fiorentina ha cambiato completamente il rapporto coi media. Anche se….”

Anche se: “Una volta avevo avuto modo di andare a Roma per intervistare Diego Della Valle. E devo dire che fu gentilissimo. E ci ringraziò per essere andati fino da lui per intervistarlo, dimostrò grande riconoscenza per il lavoro svolto”.

Gabriele Fredianelli

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