FIRENZE – Arresti domiciliari, e non più il carcere, per altri tre dei nomadi arrestati per aver causato, il 10 giugno 2018, durante un inseguimento in auto per un regolamento di conti, la morte di Duccio Dini, il 29enne fiorentino travolto e ucciso mentre era fermo in scooter a un semaforo rosso.

A due di loro verrà applicato il braccialetto elettronico. Lo ha stabilito il tribunale del riesame di Firenze, per lo sconcerto dei familiari e dello stesso sindaco di Firenze, Dario Nardella.

I tre sono stati scarcerati con decisioni diverse, l’ultima delle quali a fine gennaio. Devono rimanere nella loro rispettiva dimora Remzi Amet di 65 anni (niente braccialetto per lui), Antonio Mustafa di 44, Remzi Mustafa di 20.

Per il riesame, considerato il periodo trascorso in carcere (dall’estate 2018 in avanti) e che sono accusati di omicidio per dolo eventuale, la misura dei domiciliari (peraltro in alloggi pubblici) è idonea al rispetto delle esigenze cautelari.

Sono in tutto sei i nomadi indagati di omicidio volontario per la morte di Duccio Dini e di tentato omicidio del parente Bajram Rufat, che inseguivano per punirlo di uno sgarro. Ad oggi solo uno di loro è in prigione.

Duccio Dini aveva militato in molte squadre della provincia di Firenze: nella Sancascianese aveva lasciato un bellissimo ricordo di sé. Tanto che la sua immagine campeggia sempre sulla recinzione dello stadio.

E proprio lì davanti, all’inizio di ogni partita casalinga, la prima squadra si dà la carica con un urlo collettivo.

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