FIRENZE – Ancora non si rende bene conto di quello che ha(nno) fatto. Jacopo Bonciani ha chiuso un cerchio e aperto quello successivo. Da calciatore, aveva segnato il primo gol ufficiale in Figc del Cubino nel 2013, in Terza Categoria. Un decennio dopo, da allenatore, ha portato i gialloblù in Promozione, spalancando orizzonti per un futuro tutto da costruire.
“Ci vorrà ancora del tempo per capire davvero l’impresa che abbiamo compiuto – spiega – È stata un’annata incredibile. Si sapeva ormai che sarebbe potuto succedere, ma quando poi succede davvero è difficile rendersi conto”.
“Ho sempre creduto di poter fare bene con questo gruppo, ma di qui a pensare di vincere il campionato ce ne corre – aggiunge – specie quando ti confronti con realtà come Reggello, Incisa, Bibbiena, Galluzzo”.
La sliding door è stata quella del 14 gennaio. 1-0 a Reggello, gol di Gelli. +5 sui diretti rivali, che sbagliano il rigore del possibile pari: “Quell’episodio ha cambiato gli equilibri del campionato. Fosse entrato quel rigore magari sarebbe venuta fuori un’altra stagione, chissà. Invece vincendo quella partita, abbiamo sempre avuto 5 o 3 o 2 punti di vantaggio da gestire, che hanno significato tanto, ovvero la possibilità di concederci anche un passaggio a vuoto”.
Una volta in testa, la squadra ha dimostrato non solo talento tecnico ma anche grandissima maturità e tenuta mentale: “Siamo stati più continui, siamo rimasti in testa per venti giornate. Agganciato il primo posto, i ragazzi hanno preso coraggio e fiducia e dal primo all’ultimo hanno fatto un campionato strepitoso”.
Eppure c’è stato bisogno di aspettare l’ultima giornata per festeggiare: “Ho sempre detto ai ragazzi di spingere forte perché il campionato non si sarebbe mai deciso prima dell’ultima giornata, al limite alla penultima a San Godenzo, dove siamo stati bravi a vincere contro una squadra che giustamente non ci ha concesso nulla. È la storia del Cubino, quella di soffrire fino in fondo”.
È un successo che nasce da lontano, con passione e programmazione. Sei anni fa Bonciani arrivò con il Cubino appena sceso in Seconda Categoria: “Era un Cubino già spaziale per quei tempi, ma c’era bisogno di fare una certa inversione di tendenza, di rilanciarsi dopo la discesa dalla Prima Categoria. Certo sei anni fa non mi sarei aspettato tutto questo, considerando due annate perse per il covid. In quattro campionati effettivi siamo passati dalla Seconda alla Promozione: solo un sogno poteva essere. Non potevo immaginarmelo, ma c’era sicuramente la volontà di lavorare per questo. Sono un ambizioso, la società lo è, anche in mezzo alle mille problematiche, dal campo ai pochi dirigenti, con una gestione basata soprattutto sull’amicizia e l’appartenenza”.
Che Cubino sarà in Promozione? “La vedo come una sfida importante. I ragazzi se la devono giocare, se la sono guadagnata. Sappiamo che sarà qualcosa di diverso: non so chi rimarrà e chi andrà via, chi arriverà. Di sicuro andrà ritoccato l’organico ma resterà lo zoccolo duro. Vedo una grande bella sfida: per la società, per i ragazzi, per me. Cambia tutto: ci sarà la terna arbitrale, una quota da schierare, squadre nuove da affrontare. Ma il Cubino è una società viva e ancora con la voglia di stupire. Non vuole fermarsi qui”.
Ma le emozioni sono ancora forti, a giorni di distanza: “Per me la gioia di andare in Promozione con questa società è qualcosa di mai vissuto prima né da allenatore né da giocatore. E poi per me da allenatore è il mio primo campionato vero vinto, le altre promozioni erano arrivate dopo i play-off, quindi è stata una gioia ancora più grande e compiuta”.
Il Cubino negli anni ha saputo rinnovarsi: “Abbiamo mantenuto lo spirito e la voglia di sorprendere, ma è cambiato molto del resto, a cominciare dallo staff tecnico dal modo di lavorare sul campo. Il Cubino di oggi è un incrocio di passato, presente e futuro. Penso per esempio a Marzoli, che è stato il primo ad accettare questa sfida dopo il mio arrivo. Poi sono arrivati Geri e Schenone. Ma la cosa che mi fa piacere e che mi rende felice è avere ancora qualcosa del vecchio Cubino, con giocatori come Tacchi, Ruggiero, Cantini. La direzione del rinnovamento era già tracciata ma senza tagliare le radici con la formazione dei vari Lami, Cappuccioni o Ceni. E vedere molti dei nostri ex giocatori che domenica scorsa erano lì a tifare per noi e a gioire per noi, ti dà l’idea che per loro sia sempre un ritorno a casa”.
Si chiama programmazione: “Io credo che sia un lavoro alla portata di tutte le società sportive, con una seria programmazione annuale. Noi già allora si guardava oltre. È un successo fatto un po’ di tutto, programmazione, bravura, fortuna, come sempre succede quando si vince”.
C’è un episodio che racconta bene come siano cambiati i tempi: “Qualche anno fa andammo a prendere Rosi, che era tesserato con il Montevarchi. Eravamo io, il d.s. Chiarelli e il vicepresidente Sartini. Davanti a noi era seduto un mostro sacro come Rosadini. Guarda i fogli e poi ci fa: “Ma Cubino dov’è? Non mi riesce trovarlo”. Noi tre ci siamo guardati e ci siamo messi a ridere: aveva ragione lui. E noi tre eravamo lì a prendere un giocatore dal Montevarchi”.
Una dedica particolare non c’è. Anzi, c’è: “È quella per un gruppo splendido. Alla base di questa vittoria c’è l’amicizia tra questi ragazzi. Aver visto domenica il presidente Conticini e il vicepresidente Sartini quasi con le lacrime agli occhi penso sia l’emozione più grande che il calcio ti possa dare. Vincere è bello ma farlo con gli amici lo è ancora di più”.
@RIPRODUZIONE RISERVATA