SAN CASCIANO – Ci sono storie che si possono riassumere in 10 parole ma non sarebbero sufficienti 10 libri per raccontarle davvero.

Siamo andati a casa di Gabriele Andriulli, sulle colline di San Casciano, per conoscerlo in queste feste di Natale. Perché Natale non dovrebbe essere solo un periodo di festa, ma anche un momento di riflessione.

Suoniamo e ci apre un ragazzo molto bello, atletico ma soprattutto con un sorriso vero e una bella energia positività.

Gabriele, la tua è una storia difficile ma anche molto bella. Una storia di rinascita.

“Ho 42 anni ma in un certo senso sono nato 10 anni fa. Proprio in questi giorni, 10 anni fa, mi sono trovato catapultato all’improvviso in una vita “diversa”, come dico spesso una vita da “principe in carrozza”, dopo aver avuto un incidente in macchina in viaggio di lavoro. Praticamente mi sono addormentato sul volante e, benché non andassi forte, mi sono ritrovato sull’asfalto, in un lago di sangue. Ambulanza. Elisoccorso. Ospedale. Operato d’urgenza dai neurochirurghi Paoli e Vagaggini di Careggi, che mi hanno salvato la vita. Dopo ore di intervento per i traumi riportati alla colonna vertebrale, mi sono risvegliato dopo giorni di coma farmacologico, dovendo affrontare la realtà: avevo perso l’uso delle gambe. Questo è stato uno dei momenti più duri. Ho pochi ricordi. Alcuni nitidi, altri sfocati. In parte a causa dei farmaci per il dolore, in parte per il dolore e la paura di dover affrontare la realtà. Ho pianto”.

Cosa ricordi ancora di quei giorni?

“Ricordo che non facevo altro che fare domande ai medici sulle mie condizioni e quando mi hanno detto “tu d’ora in poi sarai così” è stato un impatto tremendo, come prendere un treno addosso. Uno dei momenti più duri in assoluto. Poi, non so come, ma ho reagito e ho vissuto ogni giorno con la speranza di migliorare. E’ cominciata la mia vita “diversa”, il mio percorso di rinascita e di sfida con me stesso”.

Cosa fai nella vita?

“Sono un atleta professionista, l’unico professionista italiano e il secondo atleta più forte al mondo di Body Building in carrozzina. Da 4 anni in questo sport è stata inserita la nostra categoria (Ifbb pro wheelchair) e oggi siamo 32 atleti professionisti con questo tipo di disabilità. Quindi mi piace sottolineare che, finalmente e giustamente, siamo considerati anche noi una categoria “normale”. Come le altre”.

Quali i massimi livelli nel tuo sport?

“La gara più importante del mondo è Mister Olympia, che Arnold Schwarzenegger ha vinto 6 volte, e sia nel 2019 che quest’anno, in ottobre, mi sono classificato al secondo posto. Ho iniziato nel ’94 ad allenarmi e dal 2000 gareggiavo già, ma solo come amatore. Ero un bel ragazzo, mi piaceva curare il mio corpo, mi piaceva questo sport. Nonostante l’incidente non ho mollato. Quando ero ancora in ospedale cercavo informazioni su come potermi allenare “con la mia metà corpo”. Anche se un “pezzo di me” non funzionava più, volevo che l’altra metà continuasse ad essere e a funzionare come prima. Non avrei mai pensato di diventare un professionista. Viaggio molto anche all’estero per potermi allenare e per gareggiare. Ho partecipato anche a “Tu Si Che Vales”, ho la fortuna e ringrazio di avere uno sponsor italiano, Tsunami Nutrition, che mi appoggia. E’ davvero un bel periodo per la mia professione. Mi piace dire, che “sono pagato per fare ginnastica”. Chi se lo sarebbe mai immaginato!”.

Insomma, una storia fatta di sudore, sacrificio e professionalità.

“Nel mio percorso atletico oggi mi seguono il mio allenatore Francesco Barchielli e Andrea Presti, il mio coach, che è il miglior body builder italiano. Non c’è stato niente di facile per arrivare a questi livelli ma ho compreso, col tempo, quanto lo sport mi abbia aiutato e quanto possa essere un importante mezzo di “educazione”, un metodo di allenamento fisico e mentale verso il raggiungimento di obiettivi. Per me è stato importante nel mio percorso di vita, salute e di rinascita. Ho voluto fin da subito capire come potevo continuare a vivere, a vivere bene e con la massima indipendenza che vuol dire anche dignità. Una delle prime cose che ho fatto è stata quella di capire come potevo guidare e sono uscito dall’unità spinale dell’ospedale, dopo 10 mesi, da solo, con la mia macchina con guida speciale. Oggi vivo da solo col mio gatto, Totò, qui nel Chianti fiorentino, dove anche solo guardare il panorama su queste colline mi fa sentire bene”.

Per i familiari e per gli amici, quanto è difficile vivere la disabilità di un proprio caro?

“E’ difficilissimo anche per loro. Non è facile per la famiglia e per gli amici accettare, capire, imparare a conoscere la disabilità che spesso fa nascere un grande senso di impotenza. Un handicap importante o una malattia, che possono capitare a tutti, sono condizioni talmente tanto lontane dalla normalità che per molte persone non è facile accettarle. Per esperienza personale posso dire che ci sono persone che non riescono assolutamente a rapportarsi con chi ha “una vita diversa” ed è vero che molti che ti stavano intorno, scompaiono. Come è capitato a me. Forse, in parte, perché fa paura e non tutti sono capaci di accettare qualcosa che fa male. Molte persone, dopo il mio incidente, si sono allontanate e quello che ho notato è la loro espressione di disagio”.

Si parla tanto di leggi e decreti, di giornate dedicate alla disabilità. Cosa ne pensi?

“Si parla tanto ma più che far chiacchiere ci vorrebbe un’educazione alla diversità. Educare a capire che nel mondo le persone non sono tutte uguali ma ognuna è unica e speciale, indipendentemente dalla sua abilità. Non avere le gambe che funzionano non vuol dire essere diversi ma solo avere peculiarità diverse. Se da dieci anni Gabriele sta seduto in carrozzina è un’altra persona? No, è sempre Gabriele. Questo vale per tutte le persone spesso catalogate come “diverse”, i disabili o anche gli omosessuali. Noi siamo come gli altri. Solo che abbiamo caratteristiche diverse. Questo sarebbe il messaggio potente da lanciare. Un messaggio che, se compreso, sarebbe molto più forte ed efficace di qualsiasi legge o decreto. Faccio un esempio semplicissimo, se le persone fossero più consapevoli della nostra diversità, non parcheggerebbero nei posti riservati ai disabili. Anche dire “ci sto solo 2 minuti” non va bene, perché magari non sanno che io ho una mia autonomia di energie, di tempi e di bisogni fisiologici diversi da chi è “normale”. Questo si chiama semplicemente rispetto”.

A “Tu si que vales”

Cos’è intendi per “rispetto”?

“Il rispetto è qualcosa che nasce dalla conoscenza e dalla consapevolezza. C’è un profondo bisogno di educazione al rispetto della diversità. Sarebbe utile lavorare su questo argomento con i bambini e i ragazzi nelle scuole perché oggi purtroppo, come non mai, in questo nuovo mondo “social”, si tende ad aspirare ad assurdi modelli di perfezione. Mi è capitato fare incontri in alcune scuole ed è stata un’esperienza molto costruttiva. La disabilità è vera, viva, presente in tutta la nostra società e va spiegata con semplicità. La vita è vita sempre anche con sfaccettature diverse”.

Gabriele, tu sei molto conosciuto e seguito da migliaia di fans sui social. Ti chiamano esempio, modello di vita, eroe. Tu come ti senti?

“Sì è vero, mi seguono tante persone. Mi fa piacere e cerco anche di rispondere a chi mi scrive ma non mi sento un eroe. Mi sento solo una persona normale che ha deciso di non abbattersi e, nonostante tutto, di migliore la propria vita. Una volta una persona mi ha chiesto se, nel caso in cui avessi potuto scegliere, avrei voluto tornare indietro o rimanere nella vita di oggi? Le emozioni che vivo oggi, in un solo giorno, dopo tutto quello che ho passato in questi 10 anni, sono talmente tanto forti e profonde che non le provavo prima in 2 anni interi. E’ vero che è brutto non poter camminare però oggi vivo tutto in modo più profondo, più vero”.

Come stai vivendo questo periodo di Covid? Quali ripercussioni possono avere sulla salute di un disabile?

“Questi due anni sono stati difficili per me come per tutti. Ma con una differenza. Chi è malato o disabile ha bisogno di fare visite e controlli periodici per avere per esempio dei certificati particolari. Da due anni non ho fatto più nessuna visita di routine che per via dell’emergenza sono state totalmente cancellate. Io sto bene, ma conosco persone che non hanno potuto curarsi per tumori o altre malattie gravi. Quindi il Covid non è grave solo come malattia in sé per sé, ma conseguentemente anche per tutte le altre persone che hanno problemi di salute di altra natura. Personalmente faccio una vita ritirata, sto assolutamente attento, cerco di spostarmi e viaggiare solo per necessità e motivi importanti. Credo che, in questo momento, avere la testa sulle spalle sia l’unica cosa che può rallentare i contagi e aiutare la sanità ad aiutare tutti”.

E’ periodo di feste natalizie ma anche di riflessione. Quale augurio faresti alle persone disabili o malate o in difficoltà?

“Ho visto molte persone stare male quando ero in ospedale. Quando un corpo è ferito la ferita può guarire, si può rimarginare. Ma spesso in certe situazioni di difficoltà, oltre a qualche funzionalità del corpo si può perdere l’anima. Un corpo ferito in qualche modo può guarire. Ma quando si perde un pezzo di anima è più difficile da ritrovare. Quindi il mio augurio per tutte le persone che sono nella mia condizione e per tutte quelle persone che stanno vivendo un periodo difficile, di malattia o di isolamento, è quello di tenere duro perché la vita è unica e vale la pena viverla sempre. E’ banale dirlo ma prima di tutto ciò che siamo fuori, noi siamo ciò che abbiamo dentro, la nostra anima, il nostro cuore. Auguro di trovare la forza, che abbiamo tutti dentro di noi, per ritrovare sé stessi e per curare la propria anima. Curare la propria anima significa volersi bene, accettare, crescere. Auguro consapevolezza perché questa può dare sollievo e serenità nella vita”.

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Eleonora Grechi
COLLABORATORE Guida Ambientale Escursionista del gruppo Le Vie del Chianti (www.leviedelchianti.it - leviedelchianti@gmail.com). Su SportChianti cura la rubrica "Camminare in Toscana". Scrive anche per WeChianti (www.wechianti.com)