sopra lo stadio Pazzagli ieri pomeriggio prima di Grassina-Trastevere; sotto le immagini del tifo fuori da San Siro prima del derby milanese

Faceva uno strano effetti ieri pomeriggio, dalla tribuna del “Pazzagli” di Ponte a Niccheri durante Grassina-Trastevere (a porte chiuse), vedere via smartphone le immagini che arrivavano dall’esterno di San Siro.

Basterebbe confrontare le foto di questa copertina: il solitario ma eloquente striscione lasciato dai tifosi rossoverdi per i loro ragazzi che inseguono la salvezza vs la folla interista/milanista di tifo organizzato (striscioni, bandiere, fumogeni: non migliaia di persone che si erano trovate “per caso” a passare di lì, come può capitare per le vie dello shopping la domenica).

Ma questo non vuole essere una troppo semplice riflessione moralistica su quanto è successo. Perché a tutti noi, prima di tutto, mancano gli stadi pieni, i cori, il rumore del pubblico, le vibrazioni nell’aria, al posto della fastidiosa eco del calcio-covid.

Ma oggi così non si può. Punto.

Di quelle immagini, furiosamente populiste in fondo, si può parlare su più piani, scegliete voi quello che preferite.

Si può riflettere che, se si lasciano confluire diecimila tifosi intorno allo stadio milanese senza in fondo impedirlo (per questioni di ordine pubblico, come si dice in questi casi), forse si potrebbero fare entrare cento o duecento tifosi (a numero chiuso) nelle ampie tribune della Serie D.

O pensare di far ripartire seriamente l’attività giovanile pur nel rispetto di precisi protocolli (ben sapendo che solo se si comincia a vaccinare su larghissima scala torneremo alla vita di prima: perché prima o poi ci torneremo, cavolo se ci torneremo).

Di sicuro il calcio e lo sport in generale non esistono senza pubblico. Anche se tutti, in questi mesi infiniti, ci siamo abituati anche allo streaming sportivo, oltre che a quello degli spettacoli o dei concerti nei teatri deserti.

Ma la consapevolezza è che quel mondo dei Dilettanti del pallone e di tutti gli sport “minori” che ha accettato con compostezza e giudizio questo anno di sacrifici – come testimonia quella foto dal Pazzagli così in antitesi con quella della Scala del Calcio – dovrà essere aiutato al più presto per sopravvivere a questo periodo che rischia di essere letale. E dovrà essere aiutato prima di quello dei Professionisti.

E che lo sport dovrà per forza ripartire dal basso e dal “vivo”. Un anno di forzato “virtuale” dovrà in ogni modo spazzare via poi abbonamenti tv, playstation e divani, appena si potrà.

I nostri giovani – e noi meno giovani – hanno troppo bisogno del calcio vissuto sul terreno di gioco, visto da bordocampo, respirato a pieni polmoni. Quello che forse, negli ultimi anni, ci eravamo dimenticati che esistesse.

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