SAN CASCIANO – Da sinistra: Leonardo Branchi, Leonardo Caneschi, Roberto Checchi.

Siamo in piazza Matteotti, a Greve in Chianti. E i tre che vedete in foto (i primi due sancascianesi doc, il terzo di Signa) alla bicicletta danno… del tu.

Da bambini fin nei dilettanti e nel mondo del ciclismo professionistico. E ritrovarsi a fare una pedalata assieme, oggi che le rispettive vite hanno preso altre strade, è una meraviglia.

Una meraviglia che lo stesso Roberto Checchi ha fissato comn le parole che seguono. Che raccontano passione e amicizia.

IL FIUME SE NE FREGA E SCORRE

Il tempo è un passaggio, lento, inesorabile, infinito o magari ci sorprende e all’improvviso diventa velocissimo, inafferrabile.

Vi racconto una storia, la nostra, dove i chilometri s’alternano ai racconti, una storia fatta di sogni e di traguardi, alcuni raggiunti che vanno a mescolarsi con quelli inevitabilmente persi.

Dentro ci sono i punti di vista, le ore trascorse sotto il sole cocente o quelle che avremmo voluto sicuramente evitare bagnate dai temporali.

E ci sono pure quelle congelate nel corso delle uscite invernali perché la bicicletta alterna lunghi periodi di pace alla carneficina e alla guerra.

Ritrovarsi noi tre, quattordici anni dopo l’indimenticabile avventura nel professionismo e rendersi conto che quel tempo che pare a volte troppo lontano, segue esattamente il flusso del torrente Greve al nostro fianco, se ne frega e scorre.

E’ una storia di successi ottenuti per distacco in un caso, in velocità nell’altro, io per ragioni d’età l’ho vissuta in modo completamente diverso, anche se della storia, sono la voce narrante.

E’ storia di ragazzi e di paesi, quelli piccoli nei quali tutti si conoscono e ne ho avuto conferma stamattina attraversando San Casciano.

Leonardo è in ogni caso invenzione, fantasia, estro, fiducia e sostegno nel medesimo istante, capacità innata di vedere la corsa sempre al di là della fettuccia bianca d’arrivo; e nel mio caso la fortuna m’ha baciato in fronte i “Leonardi” che mi affiancano sono due.

In tempo di assembramento vietato, di distanziamento, di mascherine che ci fanno irriconoscibili, di gel che corrodono la pelle, abbiamo deciso d’ ìinfrangere ogni regola e protocollo e come ai vecchi tempi c’è presa voglia di ritrovarsi dopo tanti anni e tornare a pedalare insieme la prima delle tappe che m’auguro possa essere il prologo importante.

L’inizio di un secondo tempo che ci carica sulle spalle qualche anno in più, ci tinge i capelli d’argento, ci fa faticare come muli in salita, ma non dimentica un passato prossimo caratterizzato da stagioni esilaranti, soddisfazioni professionali, muscoli levigati e liberati da ogni tipo di tossina, magliette intrise di sudore, un’amicizia che nemmeno un’attesa così lunga può scalfire così come la stima, che resta immutata.

Dopo Al Bano e Romina, i Pooh e i Ricchi & Poveri la vera “reunion” l’abbiamo portata in scena noi.

Noi tre nella macchina del tempo che salta come un grillo, schiaccia rewind e inizia un personalissimo flashback attraverso i ricordi, quelli sull’ anello della pista fasciati in spaziali body a pelle così attillati, che non vedi l’ora di aprire la lampo, lasciano il posto al debutto nella massima categoria alla corte di Marco Pantani, la Firenze-Empoli di vent’anni fa sembra esser stata corsa da meno di una settimana e intanto c’è tempo per riavvolgere il nastro fin sul traguardo di San Pancrazio per rivivere lo scatto sulla salita finale della prima edizione della corsa dei Due Paesi in Festa.

Noi tre, affiancati che si tratti di salita o pianura, perché certe amicizie restano col tempo un collante straordinario, così forte che nessuna forza è in grado di strappare, ad applicare indispensabili precetti appresi in tanti anni in sella e “far ruotino” occupa i piani alti di questa classifica non poi così tanto improvvisata.

Noi tre che in fondo restiamo amici per sempre, “anche quando le feste finiscono, puoi alzare barriere litigare con Dio cambiare famiglia e città, strappare anche foto e radici, ma tra amici non c’è mai un addio”.

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