TAVARNUZZE (IMPRUNETA) – “Quando c’è qualche problema nello spogliatoio, le ragazze mi dicono: Benevenuto nel mondo del calcio femminile, mister. Ma non è così. I problemi sono gli stessi. Per me esiste solo il calcio, senza altri aggettivi accanto”.

Andrea Serrau è “strafelice” (parola sua) di questa prima stagione accanto alle ragazze del Lebowski. Il modo migliore per unire due desideri: un’esperienza nel mondo del pallone declinato al femminile e la possibilità di vestire ancora l’amato grigionero.

“In questo mondo ho ritrovato il sorriso e gli stimoli giusti. Prima di questo stop ai campionati, non vedevo l’ora ogni volta di tornare al campo per la partita o l’allenamento” spiega.

L’aspetto più sorprendente al momento del primo approccio? “La voglia di imparare e di mettersi a disposizione. Pensavo fosse un mondo in qualche modo più anarchico. Invece non è così. E poi le ragazze hanno molta più voglia di lavorare, sono meno lavative dei colleghi uomini. Se gli dici di fare cento giri di campo, loro fanno cento giri di campo e non fiatano. Probabilmente è anche per la loro voglia di rivalsa, per il desiderio di emergere in un palcoscenico che rimane sempre più a disposizione degli uomini”.

Dove c’è più da lavorare? “Sul livello tecnico sicuramente. Purtroppo le donne spesso hanno iniziato a giocare in modo autodidatta, cominciando da adulte o magari col calcetto, così per divertimento. Sulle 30 ragazze che alleno solo 5 hanno fatto la Scuola Calcio. E sicuramente questo è un aspetto importante. Anche per questo sarebbe importante che tanti allenatori del mondo maschile si dedicassero al femminile, per tracciare delle linee guida”.

Nel loro primo campionato di Eccellenza, il Lebowski sta(va) facendo molto bene, con la chance della Coppa ancora aperta: “Abbiamo fatto bene, non abbiamo mai subito batoste e ce la siamo sempre giocata con tutte le avversarie. Io non alleno solo per passare due ore, ma perché mi piace vincere, provare a fare qualcosa in più. E anche alle ragazze piace vincere. Spero che questi siano i primi passi di una bella corsa”.

Gabriele Fredianelli

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