IMPRUNETA – Corre Lara Fabbrizzi. E la sua è una corsa libera, che combatte sì contro il tempo ma che in realtà è più verso qualcosa. Verso il traguardo, verso un obiettivo che diventa spesso metafora della vita. Della sofferenza e della gioia finale.
Lara, sei reduce dalla maratona di Berlino: raccontacela. Emozioni?
“Le emozioni che una città come Berlino riesce a infondere sono di per sé enormi. Adoro questa città e appena ho cominciato a correre mi sono detta che sarei venuta a questa maratona. Già all’aeroporto, appena sbarcata, venerdì scorso si respirava l’aria della corsa.
Runner da tutto il mondo si sono riuniti per questo evento”.
Non è la tua prima gara all’estero, quali le tue esperienze da runner…fuori dai confini?
“In realtà ho già corso la mezza maratona di Gerusalemme. E devo dire che, senza nulla togliere alle gare si casa nostra, correre all’estero ha un gusto diverso.
Per me che amo confondermi con gli altri, sopratutto con le altre etnie, è il massimo correre fuori dai confini. Alla partenza della gara vedere tutti quei colori diversi mi fa sentire cittadina del mondo”.
Imprunetina doc, fai parte del gruppo Impruneta Running: anche in paese ormai il correre sta diventando qualcosa di strutturato.
“Sì, io sono imprunetina doc, malgrado qualche parentesi fiorentina. E devo dire che la corsa è un collante straordinario anche in questo paese. Grazie a un gruppo di corridori capitanati da Luciano Divona, quattro anni fa nasceva il gruppo podistico Impruneta Running. Sono orgogliosa di esserne il presidente da circa un anno, perché certe realtà sul territorio non fanno altro che accrescere l’unione e il confronto tra le persone”.
Quando fai una maratona quale il momento che temi di più? E quale invece quello in cui, spesso, capisci che ce la puoi fare, che arriverai fino in fondo?
“Questa maratona è stata diversa dalle altre. Il momento più difficile per me è sempre intorno al 30esimo kilometro, e ne hai ancora 12 e 195 metri davanti e sembrano non finire mai. Questa volta invece mi sono infortunata al 22esimo km; e devo dire che da lì in poi ho sofferto tutto il tempo. Mi sono resa conto però che a causa di questa sofferenza, e andando inevitabilmente più piano, ho colto aspetti che altrimenti non avrei potuto cogliere. In primo luogo la mia capacità di soffrire per raggiungere l’obiettivo; poi il grande aiuto del pubblico che vedendo me ed altri in difficoltà ci chiamava per nome invitandoci a non mollare. È stata un’iniezione di adrenalina unica, Berlino e il popolo della maratona sono straordinari, non mi sono mai sentita sola, grazie a loro e alla musica che ci ha accompagnato fino alla fine”.
La fine che è sempre… un nuovo inizio.
“A proposito della fine: oltrepassare la porta di Brandeburgo, lasciandosi alle spalle Posdamer Platz e intravedendo oltre il traguardo la colonna della vittoria, ripaga di ogni fatica fatta durante i 42 km trascorsi e lungo i mesi estivi passati a sudare per questo obiettivo. Saremo un po’ folli noi runner ma siamo tanto felici”.
Matteo Pucci
@RIPRODUZIONE RISERVATA