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“Il peso dello zaino è proporzionale al peso della paura che ci portiamo dietro”.

Lessi questa frase su una vecchia rivista di alpinismo, spuntata da un cassetto nell’aula di disegno. La cosa curiosa è che a dirlo era un uomo di Chiesa. Un cardinale mi pare.

Preparare lo zaino è tra gli aspetti più delicati della pianificazione di ogni uscita, dalla scampagnata all’impresa epica.

Un’arte che si apprende dagli anziani e si sviluppa con l’esperienza; spesso pagando a duro prezzo gli errori.

Mai successo, a Pasquetta di dimenticare il cavatappi?

Il “packing” è una sorta di rituale durante il quale dentro allo zaino vanno a finire non solo gli oggetti di cui avrai bisogno, ma anche tutte le emozioni ad essi collegate. Ecco che le parole del cardinale si fanno più chiare.

Prepararsi per il viaggio è la parte più importante, ed è tra quelle che preferisco. È una fase che richiede la massima lucidità, quella in cui divento maniaco del controllo e ripercorro con la mente ogni dettaglio, ogni passaggio che immagino di dover affrontare.

Ho in testa una mappa precisa della collocazione di ogni oggetto, sistemato in base a criteri di distribuzione del peso e di accessibilità in caso di bisogno.

Il “click” dei gancetti di plastica che chiudono lo zaino decreta il salto nel vuoto: la partenza, il momento in cui l’illusione del controllo svanisce e la Provvidenza prende il comando.

Da qui in poi la propria abilità, la preparazione e l’esperienza si mescolano con le leggi dell’universo. Avventura: esperienza inusuale dall’esito incerto (Wikipedia).

Ecco la vita!

Inusuale, visto che non si sa cosa aspettarsi; dall’esito incerto perché non si sa come andrà a finire.

La verità è che senza andare in montagna, nella giungla o nel deserto, stiamo tutti vivendo dentro un’avventura incredibile.

Quindi compagni miei, chiudiamo questo zaino. Click! È ora di partire!

Didje Doo

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