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Partimmo carichi di buoni proposti, corde, moschettoni e con quasi una settimana per nutrire il nostro desiderio di conoscere.

Le previsioni del tempo annunciavano tempesta, pianto e stridore di denti, fatta eccezione per la zona sud orientale della nostra penisola. Prendemmo quella direzione, ma senza fortuna.

Niente da fare. I buoni proposti e tutto il resto, svaniti nella nebbia e sciolti nella pioggia.
Che opportunità abbiamo? Pioggia e nebbia.

Riflettiamo un attimo su quando diciamo: “Non succede mai niente”.

Prova a pronunciare questa frase mettendo l’accento su mai, ed ecco che il suo significato cambia radicalmente. Adesso vuol dire “Succede sempre qualcosa.”

Curioso come dipenda dalla nostra voce l’esito delle situazioni.

Opportunità, dicevamo.

Ci muoviamo nello spazio e nel tempo affidando le nostre scelte esclusivamente all’intuizione (meravigliosa dimensione) e guido la macchina fino al singolare caseggiato di Favalanciata. Senza però farsi la foto sotto il cartello.

Ma da lì a breve la nostra ilarità si sarebbe sopita. Più avanti la strada che prosegue verso gli straordinari Monti Sibillini si fa tortuosa e i suoi tornanti celano scenari agghiaccianti.

Siamo in presenza di uno tra i peggiori disastri sismici accaduti in Italia negli ultimi anni.
Opportunità.

Attraversiamo la distruzione, che tra le sue caratteristiche più terribili ha quella di fermare il tempo. Sono passati due anni da quel catastrofico evento, e sembra che sia successo ieri.

Questo nonostante il grande impegno di coloro che ci si sono dedicati.

Per farsi un’idea, nel 2010 sono stato a Ground Zero (New York) e dopo nove anni ancora i camion portavano via macerie.

Il parco dei Monti Sibillini però non è l’America e ben presto, passeggiando su quel disastro, si insinua nella mente l’incubo che sia tutto finito, per sempre.

A Borgo, il paesello prima di Arquata del Tronto, incontro un anziano che sembra felice della mia presenza lì, e di sua spontanea volontà mi racconta storie di ciò che era la vita sua e degli altri compaesani.

Gli vedo chiaramente una fitta di dolore al petto quando dice che in quella comunità i bambini sono pochi, troppo pochi. Niente bambini, niente futuro.

L’aria si fa sempre più pesante mentre risaliamo la montagna, e quella fitta di dolore comincio a sentirla anche io man mano che i miei occhi vedono e le mie orecchie sentono.

Il silenzio totale che la distruzione lascia dietro di sé, dopo il fragore e lo sgomento.

Mi nacque dentro il bisogno di parlare con queste persone. Non tanto per consolare, quanto per esser consolato. Perché non potevo restare con quell’idea martellante nella testa. Tutto finito, per sempre. Dovevo vedere la luce che hanno negli occhi coloro che non si arrendono.

Opportunità. Così incontriamo Mario, in un posto bellissimo che si chiama “Agrimusicismo” e che si trova nei pressi di Astorara, ai piedi del Monte Vettore.

Non sto qui a raccontare la sua storia, ma vi consiglio di visitare quel luogo, e vi accorgerete che ciò che porterete via sarà molto di più di quello che lascerete.

L’impossibile non esiste. C’è sempre un’opportunità intorno a noi.

Ne sono di nuovo sicuro. 

Didje Doo

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