Organizzazione contro improvvisazione.

Concretezza contro fumo.

Reparti ben collaudati contro reparti inventati.

Lavoro profondo di squadra contro tentativi di lavoro di gruppo.

Si può riassumere così la gara tra Sampdoria e Fiorentina finita con soli due gol di scarto a favore dei blucerchiati.

Gli inguaribili ottimisti o i pazzi visionari (evito volontariamente di citare coloro che continuano a sostenere questa gestione) potranno anche raccontarvi che nel primo tempo sia Simeone che Babacar avevano sbagliato due gol praticamente fatti.

Gli stessi ottimisti o pazzi che sicuramente glisseranno se gli parlerete di Kownacki – giovane centravanti sampdoriano – che sempre nel primo tempo tirava su Sportiello dall’interno dell’arietta piccola una ribattuta che mia figlia di 7 anni avrebbe molto probabilmente trasformato in gol.

Due squadre di categoria diversa, con una Fiorentina in versione atipica dove Chiesa sempre più defilato e ricolmo di compiti difensivi non riesce ad incidere in alcun modo.

Pezzella, il migliore fino a oggi, ha avuto una gran brutta giornata, le assenze di Astori e Veretout hanno completato il desolante quadro che abbiamo potuto tristemente constatare durante questi 90 minuti.

La Fiorentina non ha ricambi se non in porta e in difesa, dove numericamente siamo anche troppi (nonostante di 4 terzini si faccia fatica a giudicarne uno valido per la categoria).

A centrocampo la situazione è imbarazzante, con Cristoforo oramai neppure considerato un’alternativa (giustamente) e un Benassi in totale regresso tecnico-tattico.

Tirano la carretta il solo Badelj che come tutti sappiamo se ne andrà a scadenza tra mesi cinque e Veretout.

In attacco ci ritroviamo con due attaccanti centrali entrambi con gravi lacune, incapaci per altro di giocare in coppia.

Gli esterni/trequartisti sono infortunati o fuori forma (Thereau, Saponara) oppure spesso preoccupati più dai compiti difensivi che offensivi (Chiesa), se non totalmente fumosi (Eysseric) o completamente inqualificabili (Gil Dias).

Unico sistema per tirare avanti la baracca fino a fine stagione senza farsi prendere dalla depressione più totale è inventarsi Federico Chiesa centravanti.

È chiaro che sia rimasto il solo a vedere la porta e quindi me ne fotterei totalmente delle sue intelligenze tattiche o delle sue generosità atletiche.

Perché a questo gioco vince chi fa gol e uno di mestiere come Quagliarella ce lo ha fatto capire per l’ennesima volta con estrema chiarezza.

La clamorosa “striscia positiva”, cavallo di battaglia degli inguaribili di cui sopra, finisce quindi dopo 8 partite (2 vittorie e 6 pareggi), schiantandosi contro l’avversaria diretta per il sesto posto in classifica, utile per qualificarsi all’Europa League. Ah, questo è quello che vi diranno tutti i giornalisti bravi.

Io l’ho scritto solo per far finta di essere un giornalista  navigato come loro. All’Europa League non ci ho mai neanche lontanamente pensato, ci mancherebbe altro. Io sono un rosicone della prima ora.

Dario Del Gobbo

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