FIRENZE – Stagione ’89-90. Mentre il Milan di Arrigo Sacchi (e di Baresi, Maldini, Gullit, Van Basten…), pochi mesi dopo la Coppa Campioni a Barcellona (4-0 alla Steaua Bucarest), va a vincersi pure la Supercoppa Europea, l’Intercontinentale a Tokio (1-0 al Medellin, la punizione di Chicco Evani) e si avvia a fare il bis nella Coppa europea più importante, il “sacchismo” contagia San Casciano.

Così, come in un sogno, il gioco a zona sbuca nel Chianti.

A portarlo e vestirlo di gialloverde, insieme ai nuovi metodi di allenamento e a birilli e “cinesini” da spargere sul campo, è Bernardo Duchi.

“Partite a tema, uno contro uno. Roba che a quei tempi che non faceva nessuno nei Dilettanti, che nessuno di noi aveva mai visto” racconta Giovanni Simonetti, che allora era un difensore ferocemente abituato al gioco a uomo e che oggi è il direttore generale dell’ambizioso Firenze Sud in Seconda Categoria, dopo un bel po’ di anni passati in panchina a sua volta.

Bernardo Duchi è in quel finire d’anni ’80 un giovane allenatore che con Sacchi, allora poco più di un originale rappresentante di scarpe romagnolo con la fissa del calcio, ha lavorato gomito a gomito ai tempi della Primavera della Fiorentina, nell’83-84: vice-allenatore, preparatore atletico, uomo di fiducia, allora i ruoli sono intercambiabili.

E a San Casciano Duchi porta un mondo nuovo.

“Veniva al campo con i suoi libri, ci raccontava questo fuorigioco, ci spiegava perché voleva tenere la squadra alta – prosegue Simonetti – Portò una ventata di modernità in campo”.

“Ci si divertiva al campo, in allenamento. Era qualcosa di veramente nuovo – va avanti – Mi ricordo ancora le sue parole esatte. Diceva che si doveva avere una “corsa felice e baldanzosa”. Sono convinto che avrebbe fatto strada nel mondo dei professionisti, Duchi. Invece nei dilettanti ha avuto più difficoltà. Comunque quell’anno insieme mi è stato utile per il resto della mia carriera, da giocatore e da allenatore. Certe cose non le ho più dimenticate”.

“Era uno squadrone quello – prosegue Simonetti, da anni di professione agente assicurativo – Io arrivavo allora dal Firenze Ovest insieme a Sardi. Somigli dal Tavola, Galletti dal Reggello. Ci fu una super campagna acquisti. E il passaggio di categoria, con ripescaggio”.

La Sancascianese arriva seconda in Prima Categoria, dietro il Calenzano, e centra il passaggio in Promozione per la stagione successiva, allora la massima serie regionale.

E quell’anno a San Casciano, nel pieno del sacchismo diventa per Simonetti uno spartiacque della carriera.

E un gran bel ricordo, tanto da tenere in ufficio, tra i cimeli di una carriera, proprio quella foto in gialloverde.

Insieme a tante altre tessere di un puzzle che lui – il ragazzo dell’Isolotto che aveva cominciato a giocare alla Reman e poi era finito alla Scuola Calcio della Florentia, aperta in via Faentina dal mitico Mario Mazzoni – definisce “una lunga storia d’amore” per il pallone.

Prima di San Casciano Simonetti aveva fatto tutta la trafila alla Rondinella dai Giovanissimi fino alla Berretti, mentre la prima squadra arrivava sesta in Serie C con giocatori come Domini, Brondi, Pazzagli, Mozzini, Marchi.

E poi aveva cominciato una lunghissima carriera per Firenze e dintorni, dalla D alla Prima Categoria: Pontassieve, Vinci (accanto a Ennio Pellegrini, poi suo mentore), Firenze Ovest (col livornese Mario Lessi), Staggia (con Maurizio Bettarini, padre di Stefano), Certaldo, Barberino di Mugello, Cavriglia.

Prima di finire di giocare e iniziare ad allenare a Caldine.

E ripartire per tante altre tappe: Firenze Ovest, Montemurlo, Mercatale, Ginestra, Rifredi, Rondinella. Ma queste sono altre storie…

Gabriele Fredianelli

@RIPRODUZIONE RISERVATA

La redazione di SportChianti dà spazio, ogni giorno, a tutti gli sport nei comuni chiantigiani: calcio, pallavolo, basket, pallamano, baseball, karate, danza, ginnastica, ciclismo...