FIRENZE – “Quell’estate si prendeva la bicicletta e da Firenze si andava a giocare a Mercatale”.

È entrato nella Hall of fame della Fiorentina, tra i più grandi personaggi viola del Novecento. È stato una bandiera del Bari, ha allevato generazioni di giovani calciatori, oltre a sollevare da allenatore, a Roma, la Coppa Italia del 1975, 3-2 sul Milan, dopo che Nereo Rocco aveva già salutato la panchina gigliata. Ma non gli manca neppure un piccolo affettuoso legame con i campi sportivi del Chianti in gioventù.

Mario Mazzoni (nella foto grande ai tempi del Bari, il secondo in piedi da sinistra; nella piccola insieme a Claudio Merlo e Giovanni Simonetti premiato dalla sezione fiorentina dell’Associazione Italiana Allenatori), classe 1931 e ricordi lucidi e precisi come i suoi lanci quando giocava in mezzo al campo oltre mezzo secolo fa, è una delle memorie storiche del calcio fiorentino. Dalla sua bella casa all’Isolotto continua ad annodare le fila delle sue esperienze col gioco più bello del mondo.

Ragazzo d’Oltrarno, ha cominciato a giocare al pratone delle Cascine e al Velodromo. Prima di passare a fare sul serio: Signa, Castelfiorentino, Siena, Empoli. Quindi la svolta della vita nell’anno ad Ascoli e poi il lungo viaggio verso Bari, a inizio anni Cinquanta. Una lunghissima storia a tinte biancorosse.

Dieci anni coi “galletti”, molti da capitano. Dalla Quarta Serie alla Serie A, con quattro promozioni e 313 presenze (di cui 90 in A e oltre 170 in B), tanto da entrare nella storia del club e da continuare a ricevere omaggi anche oggi, ogni volta che torna in Puglia.

E ad arricchire il curriculum – prima della fine della carriera da calciatore a Prato e l’inizio di quella da allenatore a Poggibonsi – una presenza e il gol vittoria della Nazionale B a Lugano contro la Svizzera.

E quindi poi il via alla storia da allenatore: giovanili viola, il ruolo di vice della prima squadra con tecnici storico come Bruno Pesaola, Oronzo Pugliese, Nils Liedholm, Gigi Radice, Nereo Rocco, Carletto Mazzone.

Poi per anni la responsabilità del settore giovanile della Fiorentina. E ancora oggi l’attenzione per il calcio, la Viola vista in tv, la vicinanza al biancorosso dell’Isolotto, il campo poco lontano da casa.

Tanti i quaderni con i ritagli di giornale (tra cui una meravigliosa copertina del Calcio Illustrato in cui contende la palla a Liedholm, con cui poi avrebbe lavorato ai tempi della Fiorentina), le fotografie, mille i ricordi, i pomeriggi nel capoluogo pugliese in uno Stadio della Vittoria sempre ricolmo di gente, le trasferte in treno su e giù per l’Italia, gli incroci del destino: prima e ultima gara con la maglia del Bari contro il Cosenza, un Bari-Fiorentina giocata il giorno dopo la nascita del figlio Orlando (e con un Pantaleo Corvino bambino in tribuna). Cerchi aperti e chiusi.

Dal viola al biancorosso e ritorno, l’unico filo conduttore è sempre stato l’amore per il pallone. Nient’altro. “Cosa avrei fatto se non fossi diventato calciatore? Non ci ho mai pensato. Ho sempre voluto fare quello e basta”. La storia d’amore di Mazzoni – oltre a quello per la moglie, con cui ha condiviso tutti quei ricordi – è fatta soprattutto di quell’attrezzo in pelle accarezzato e preso a calci: “Ho sempre preferito fare il calciatore piuttosto che l’allenatore. Da allenatore non puoi più fare quello che vorresti in campo, non ti puoi muovere in prima persona”. Ha gli occhi accesi di passione, ogni volta che parla di calcio, di campo. Sembra quasi di sentire l’eco di quegli spalti in bianco e nero.

Ma appunto, in mezzo a una vita di pallone, c’è anche un ricordo di un’estate nel Chianti.
“Ero un ragazzo e vivevo in via Bronzino a Firenze. Uno dei miei amici, Aldo Tacchi, passava le estati in vacanza con la famiglia a Mercatale val di Pesa. Una volta mi chiese di andare a giocare su con lui, nella sua squadra. Mi ricordo che la prima partita la giocammo contro il Ferrone. E me lo richiese altre volte, e ogni volta andavo volentieri. Si prendeva la bicicletta e si arrivava su fino a Mercatale e poi in campo a giocare”.

“D’altra parte – scherza Mazzoni – io sono sempre stato così. Tra andare a vedere Fiorentina-Milan allo stadio e giocare una partita a Mercatale, io ho sempre scelto di giocare. Non c’era storia”.

Gabriele Fredianelli

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